Nonostante il bilancio della Difesa sia destinato a subire tagli devastanti nei prossimi tre anni, pari a 2,5 miliardi di euro sui 14,3 assegnati alle forze armate nel 2011, il governo Monti manterrà gli impegni militari internazionali e le missioni oltremare. L’apposito decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nei giorni scorsi stanzia 1,4 miliardi di euro per l’intero 2012 sovvertendo la consuetudine degli stanziamenti semestrali, quasi a voler assicurare certezza finanziaria alle operazioni militari all’estero anche in caso di caduta del governo tecnico. In linea di massima il decreto conferma la tendenza a ridurre i costi delle missioni più importanti già annunciata l’estate scorsa dal governo Berlusconi ma, a ben guardare, mantiene piuttosto elevata la spesa se si considera che nel 2011 le operazioni oltremare assorbirono 1,55 miliardi dei quali 202 milioni destinati alla Guerra libica.

Terminato il conflitto contro Gheddafi l’Italia schiera oggi 6.500 militari all’estero per due terzi dislocati in Afghanistan (4.200) dove quest’anno spenderemo 757 milioni contro gli 811 dell’anno scorso e I 709 del 2010.A questi fondi vanno aggiunti 41 milioni della Cooperazione allo sviluppo ma il calo della spesa per il contingente militare pare giustificato dal rientro in Italia di circa 400 militari del Provincial reconstruction team. Si tratta del reparto addetto alla ricostruzione civile nella provincia di Herat giunto a fine missione perché il governo afghano vuole  gestire direttamente gli aiuti internazionali e ha imposto alla Nato di smantellare i Prt. Ufficialmente nessuno ha ancora annunciato il ritiro di questo reparto, che dovrebbe avvenire in primavera, forse perché in questi anni è stato “speso” mediaticamente per rivestire di una patina umanitaria la missione italiana in Afghanistan.

Costi ridotti anche per la missione dell’Onu in Libano che da fine gennaio tornerà sotto comando italiano (il generale alpino Paolo Serra è stato nominato proprio oggi a questo incarico) ma con effettivi ridotti rispetto al passato. Il governo Berlusconi aveva infatti provveduto a ridurre il nostro impegno nel Libano meridionale da 1.780 a 1.080 militari riducendo da due a uno i battaglioni operativi. Quest’anno la missione dei caschi blu italiani costerà 157 milioni di euro contro i 198 del 2011e i 260 milioni del 2010.

Rimpatriati anche i piccoli contingenti schierati nell’ambito di missioni di osservazione europee in Congo e Georgia e la settantina di istruttori basati a Baghdad  con la Nato Training Mission che ha cessato di esistere con la fine della presenza militare statunitense in Iraq. Più o meno stabile l’impegno navale nelle operazioni contro i pirati somali che assorbiranno quest’anno 50 milioni contro i 46 del 2011 mentre risulta incomprensibile il forte incremento delle spese per il contingente italiano in Kosovo balzate da 70 milioni a 100 per 650 militari.

In attesa di chiarimenti dalla Difesa va ricordato che il ministro Giampaolo Di Paola ha sottolineato che in Kosovo “i tempi di soluzione appaiono ad oggi più lunghi, in ragione dei difficili sviluppi della situazione soprattutto nel nord del paese”. Ciò nonostante un incremento di quasi il 50 per cento dei fondi nazionali potrebbe essere spiegato con un aumento numerico del contingente (a rimpiazzo di altri alleati che se vanno?) forse insieme all’assunzione del comando dei 5.500 militari Nato della K-For attualmente a guida tedesca. Nel complesso quindi gli impegni militari italiani all’estero restano gli stessi degli anni scorsi (come volevano gli Usa e la Nato) nonostante l’emergenza finanziaria, i tagli al bilancio e un’imminente dolorosa ristrutturazione dell’apparato militare già annunciata da Di Paola.

Gianandrea Gaiani, 3 gennaio 2012

Fonte: blog.panorama.it

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