Via la brigata Julia, arriva la Folgore. Cambio di contingente italiano a Herat, in Afghanistan. L’avvicendamento alla presenza del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, tra gli alpini e i paracadutisti della Folgore si è svolto il 4 aprile. Saranno questi ultimi a garantire la sicurezza nella parte ovest del paese nei prossimi sei mesi. Gli alpini hanno «fatto un ottimo lavoro – ha detto il comandante Isaf David Petraeus, che ha ringraziato l’Italia – e voglio riconoscere l’eccezionale leadership del suo comandante, il generale Marcello Bellacicco», che è stato decorato con due medaglie.
«Abbiamo compiuto progressi sul campo – ha detto La Russa agli alpini – ed è per questo che gli italiani vi guardano con ammirazione, ma sappiamo che potranno esservi pericoli nuovi, anche crescenti». Per La Russa si può ipotizzare il ritiro delle nostre truppe nel 2014 ma i militari potrebbero restare anche dopo per addestrare l’esercito afgano.

Se nel 2009 il compito dei paracadutisti fu quello di garantire lo svolgimento delle elezioni, quest’anno alla Folgore del generale Masiello toccherà un’altra “mission impossible”: vigilare sulla transizione alle autorità afghane del governo del Paese. Il settore ovest – quello che per intenderci ha Herat per capitale – è stato infatti individuato dall’Alleanza come il “più stabilizzato” dell’intero Afghanistan. Sarà insomma il primo dove tutti i poteri verranno trasferiti alle istituzioni locali e da luglio sette municipalità, Herat compresa, torneranno sotto la diretta amministrazione afghana. Da quel momento le forze armate alleate funzioneranno solo come struttura di supporto per poi, in un prossimo futuro, uscire completamente di scena.
Una fase delicatissima come è facile capire che vedrà impegnato nei prossimi mesi tutto il contingente ormai schierato per intero in questa parte dell’Afghanistan. Gli oltre 4200 militari italiani – gran parte dei quali paracadutisti della Folgore – dovranno insomma avviare quella “strategia di uscita” della quale si parla da tempo e tutti gli analisti sono concordi nel sottolineare l’importanza di questa fase.
Tripla missione. Riaffidare il futuro dell’Afghanistan agli afghani non vorrà dire spiantare tutto e chiudere baracca e burattini nel giro di 24 ore. Tutt’altro.
La Folgore e le altre forze impegnate sul campo hanno il compito di ultimare il “buon lavoro” – come ha certificato il generale Petraeus – fatto dagli alpini della Julia in tre principali settori. Il Prt, il Provincial Reconstruction Team che ha sede nel centro di Herat ed è articolato su base militare e civile, proseguirà con il 132º reggimento Ariete ad occuparsi di aiuti umanitari e di ricostruzione: cibo, scuole, strade, ospedali, pozzi: tutto quello che serve a traghettare un paese per certi versi rimasto nel Medio Evo ai tempi nostri, mentre ancora più delicato sarà il compito degli Omlt, il team di istruttori che dovranno addestrare polizia ed esercito locale.
Tutto il resto del contingente guidato dal generale Carmine Masiello dovrà invece occuparsi di sicurezza, appoggiando l’azione degli afghani contro gli insurgens, quel mix di taliban, predoni di strada, trafficanti d’oppio e signori della guerra che hanno avuto fino ad ora tutto l’interesse a mantenere nel caos il Paese.
Dalle montagne al deserto. Per far questo i parà si sono schierati in tutto l’Afghanistan occidentale: a Herat ci sono il Prt e il Comando nella base di Camp Arena; sulle montagne di Bala Murghab tornano invece – come nel 2009, quando gli scontri furono durissimi – gli uomini e le donne del 183º reggimento Nembo di Pistoia, mentre il 187º Reggimento Folgore di Livorno andrà a coprire le posizioni a sud nella provincia di Farah.
Per i senesi del 186º Reggimento, che nel 2009 erano a Kabul e che persero sei uomini nell’attentato di settembre, invece la destinazione è, se è possibile, ancor più delicata: è toccato a loro infatti rilevare gli alpini del 7º Reggimento nei distretti di Gulistan, Bakwa e Por Chaman, senza dubbio, con le basi di Camp Lavaredo, Ice e Snow, le aree più calde del settore italiano. In questa zona siamo infatti ai confini dell’Helmand dove ancora fortissima è la presenza degli insorti che usano questo territorio come una retrovia per gli scontri con gli anglo-americani nel sud ovest.

Ai genieri dell’8º Reggimento il non facile compito di individuare e neutralizzare gli Ied, gli ordigni improvvisati che tante vittime tra civili e soldati hanno fatto, mentre le forze speciali costituite dal 9º Reggimento d’assalto Col Moschin e dal 185º Reggimento Rao Acquisizione obiettivi opereranno per piccole aliquote con gli altri reparti. A dare manforte ai paracadutisti i carabinieri del Tuscania di Livorno, gli artiglieri dell’Ariete, i fanti della Pinerolo e i bersaglieri dell’11º Reggimento che con i loro blindo – le “bestie nere”, come sono stati ribattezzate dagli insurgens – garantiranno una robusta copertura di fuoco in eventuali scontri.

Giovanni Neri, 5 aprile 2011

Fonte: Il Tirreno.it

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