Perché Putin ha voluto tanto andare a Gerusalemme. Gli interessi e i sospetti. Parla Segre

“Noi russi sappiamo molto di più degli americani quanto sta accadendo in Iran; fidatevi, non avranno la bomba atomica”. E’ stato Debka, il sito vicino all’intelligence israeliana, a rivelare il contenuto esclusivo del colloquio fra il presidente russo, Vladimir Putin, e il premier di Gerusalemme, Benjamin Netanyahu. E’ stata una visita storica, a doppio taglio segreto, quella di Putin nello stato ebraico. Non accadeva dal 2005 e stavolta è stato proprio Putin a chiederla. Perché il leader russo ha voluto proprio Gerusalemme fra le prime tappe all’estero dopo la rielezione a presidente? Se Israele lo ha accolto portandogli in omaggio un monumento all’Armata rossa nella città israeliana di Netanya, Putin ha risposto indossando la kippah al Muro del pianto. Scene impensabili vent’anni fa, quando la Russia sovietica fiancheggiava i paesi arabi e armava i gruppi terroristici.

Il giornale Moscow Times, non senza un’enfasi eccessiva, ieri ha parlato di “nuovo corso” fra Mosca e Gerusalemme, mentre il Los Angeles Times di “luna di miele bilaterale”. Israele è da sempre a dir poco sospettosa delle rassicurazioni russe sul nucleare iraniano, a cui i tecnici ex sovietici lavorano da vent’anni. “Per gli Stati Uniti il medio oriente è una frontiera lontana, mentre per la Russia è una frontiera accanto a casa”, dice al Foglio Vittorio Dan Segre, già diplomatico israeliano e noto analista di questioni mediorientali. “Il suo interesse per la regione è storico, oggi molto più equilibrato che nel passato nei confronti di Israele”.
Secondo Segre, Mosca ha subito la perdita dell’intellighenzia ebraica con l’emigrazione in Israele. “Oggi la Russia è presente culturalmente, politicamente ed economicamente in Israele, con una dirigenza frutto dell’immigrazione di un milione di ebrei russi rimasti profondamente legati alla terra di origine. Considerano Putin un grande leader”. Lo stato ebraico è un richiamo fatale per Mosca, non soltanto perché un sesto della popolazione israeliana parla russo, ma anche perché gli ebrei russi alle ultime elezioni hanno votato in maggioranza per Putin.

Fra Mosca e Gerusalemme sono in gioco importanti scambi economici. Di fronte al taglio delle forniture egiziane di gas a Israele, Mosca potrebbe subentrare al Cairo nelle relazioni commerciali con Gerusalemme. Putin ha anche offerto a Netanyahu la collaborazione per lo sfruttamento dei giacimenti di gas di fronte alle coste cipriote e israeliane (giacimenti che rivendica anche Ankara). Proprio le cattive relazioni di Israele e Russia con la Turchia di Recep Tayyip Erdogan hanno permesso di stringere ancora di più i legami fra i due paesi, e quelli di Israele con alleati di Mosca come Grecia e Cipro. Si parla di un acquisto russo di droni israeliani. 
In un report per l’Institute for National Security Studies, l’ex ambasciatore e analista israeliano Zvi Magen ha scritto che “Mosca avverte che Russia e Israele sono sulla stessa barca”. Putin e Netanyahu avrebbero in comune i timori della sollevazione islamista, che dopo il Cairo guarda a Damasco, dove è a rischio il regime di Bashar el Assad, alleato di Mosca. Con Netanyahu, Putin non ha fatto mistero di disapprovare la “politica pro islamica” della Casa Bianca in medio oriente. “A Mosca c’è paura dell’islam politico, specie nel Caucaso”, ci dice Segre. “La Russia sa che la sfida del futuro non risiede solo in una concorrenza di influenza internazionale fra Mosca e Washington. Risiede nello scontro ideologico e demografico fra l’islam e un occidente di cui la Russia fa parte per il suo passato cristiano. Israele per parte sua ha bisogno della Russia, che controlla il foraggiamento militare della Siria, senza parlare dell’influenza russa in Iran”. Poi c’è la questione di Cipro. “Da lì passavano gli aerei che portavano a Tel Aviv masse di ebrei russi. Oggi lì c’è il gas. Tuttavia, non bisogna dimenticare che c’è un antisemitismo radicato in Russia e che Putin crede davvero nei ‘Protocolli dei savi anziani di Sion’ e al dominio ebraico dell’economia mondiale. Forse per questo corteggia Israele”.

Giulio Meotti, 27 giugno 2012

Fonte: Il Foglio

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