di Carmelo Abisso

La sala dei Cento del palazzo di residenza della Cassa di Risparmio di Bologna ha ospitato il 21 settembre un seminario sul Libano, concepito e organizzato dal comando brigata aeromobile “Friuli” a conclusione di un intenso ciclo di preparazione e approntamento operativo. Destinatari del seminario 94 ufficiali e sottufficiali che a breve ricopriranno gli incarichi chiave, di staff e di comando, del contingente militare nazionale della missione Unifil nel Libano del sud. La brigata “Friuli” dalla metà di ottobre inizierà il dispiegamento nella terra dei cedri per assumere il comando dell’operazione “Leonte 13”.

Autorevoli i relatori invitati dal comandante della “Friuli”, generale di brigata Antonio Bettelli, addetto militare in Libano dal 2008 al 2011: l’ambasciatore Gabriele Checchia, già capo missione presso l’ambasciata d’Italia a Beirut, attuale consigliere diplomatico del ministro della Difesa, Sebastiano Del Monte, funzionario del ministero dello sviluppo economico, già direttore dell’Istituto per il commercio estero in Libano e in Siria, Giuseppe Bonavolontà, corrispondente Rai dalla capitale libanese e il generale Franco Angioni, primo comandante militare italiano in Libano nel 1982-1984. Moderatore dell’incontro Antonio Righetti, funzionario presso la nostra ambasciata di Beirut.

Il seminario è stato introdotto dai saluti del presidente della Cassa di Risparmio di Bologna, Filippo Sassoli de’ Bianchi, ospite e sostenitore dell’iniziativa. In sala il comandante del 1° Fod (Forze di difesa) generale di corpo d’armata Danilo Errico, il comandante militare Esercito Emilia Romagna, generale di divisione Antonio De Vita, alcuni docenti dell’università di Bologna, ufficiali e sottufficiali.

Il primo relatore, l’ambasciatore Gabriele Checchia, nel suo intervento sulla storia e la politica, ha ricordato la definizione di Libano come paese “messaggio”, caratterizzato dalla diversificazione confessionale, il cui ultimo censimento risale al 1931. “E’ il laboratorio di un Medio Oriente possibile, la coesistenza nella diversità”. Lo sciismo libanese è antico, oggi la differenza è tra Amal e Hezbollah. Amal, filone tradizionale autoctono, fondato da Mussa Sadr, oggi rappresentato da Nabih Berri. Hezbollah, ceppo originale libanese, in seguito alla rivoluzione khomeinista diventa militante causa l’insofferenza sociale crescente e l’approccio filogovernativo di Amal. “Erogatore di servizi”, dopo gli accordi di Taif (1989) Hezbollah ha assunto il monopolio della resistenza contro l’immobilismo, attore decisivo delle dinamiche interne libanesi. L’immagine dell’Italia è molto buona, dall’ospedale da campo di Beirut (1982), “carta da visita” importante. L’attuale governo è presieduto da Najib Mikati, sunnita moderato, prevale una sensazione di neutralità. Con la recente dichiarazione di Babda si è deciso di tenere il Libano dissociato dalla crisi siriana. No “buca delle lettere delle grandi potenze”, ma paese del dialogo, fattore di ponte, cassa di compensazione. Dopo il conflitto del 2006, con la conferenza di Roma, si avvia la soluzione diplomatica che porta alla risoluzione 1701, caratterizzata dall’ impowerment, “bisogna mettere”. La peculiarità di Unifil, comandante della forza con una componente navale e capo missione, consolida il prestigio del Force commander italiano, prima il generale Graziano, ora il generale Serra. Oggi in Libano l’equilibrio parlamentare regge, la coesistenza confessionale è rispettata. Significativo il ruolo dell’ambasciata italiana, oggi l’Italia è il primo partner commerciale del Libano.

L’economia è stato il tema trattato da Sebastiano Del Monte. Grande collaborazione con il contingente italiano nei cinque anni trascorsi a Beirut. E’ scattata una chimica, ambasciata, addetto militare, stampa, è nata l’idea di “fare sistema”. Del Monte ha raccontato la sua esperienza di “intelligence economica”, direttore dell’Istituto per il commercio estero di Beirut e Damasco nel periodo 2006-2011. Nell’ufficio di Beirut lavoravano 3 cristiani maroniti, una sunnita e uno scita. Il 21 novembre 2006 viene ucciso in un attentato Pierre Gemayel, la sunnita si è messa a piangere, ha temuto la scintilla dell’innesco della guerra. C’è stato il passaparola delle 18 comunità, tutti barricati in casa, attenti a interpretare i messaggi. L’economia libanese è velocissima, non pianifica, domani è un altro giorno, in cinque minuti può cambiare tutto. ”La loro instabilità è la loro forza, la debolezza è che non riescono a pianificare”. Sono commercianti nel dna, tipicamente levantini, importante la conoscenza delle tre lingue, inglese, francese e arabo. Il Libano è il paese “cerniera” del Medio Oriente, con approcci differenti, ci sono 65 banche, in Siria ci sono 7 banche libanesi. Anche durante la guerra civile (1975-1990), il Libano è sempre stato il forziere del Medio Oriente. Le riserve della banca centrale ammontano a 30 miliardi di dollari, le rimesse della diaspora, i libanesi all’estero, 7,6 miliardi di dollari, i depositi privati, 117 miliardi di dollari. Come si fa a fare export promotion? Importanza del contingente italiano, vicinanza e simpatia, network dei libanesi nel mondo, sistema Italia, informazioni con regolarità e passaparola. Una cifra per tutte: l’interscambio Italia-Libano è di 1,3 miliardi di euro.

Giuseppe Bonavolontà ha iniziato con la parola “libanizzazione” il suo intervento su società e costumi. Il significato è ingovernabilità del sistema, sinonimo di frammentazione politico-sociale, assenza dello stato. Il premier Monti di recente ha usato però il termine in modo positivo, “come aprire una finestra di libertà e di pluralismo in tutti i paesi del Medio Oriente”. Il Libano è tutto e il contrario di tutto: arabi orgogliosi e che si offendono di esserlo, donne con il velo e ragazze discinte in minigonna, religiosi di tutte le confessioni, 18 in Parlamento, 23 quelle riconosciute, che praticano il fondamentalismo e altri la tolleranza, con chiese e moschee confinanti, a Beirut c’è persino una sinagoga. Forte attaccamento religioso, ma anche grande diffusione della prostituzione. E’ un Paese complesso e fragile, che ha avuto un numero di morti che nessuno sa. 400.000 palestinesi, il 10% della popolazione, vivono in 12 campi, veri e propri ghetti, non godono di alcun diritto. 12 milioni di libanesi vivono all’estero in seguito ai traumi della guerra civile e del 2006. Nel 2008 è cambiato tutto nel giro di pochi minuti: 80 morti dopo la videoconferenza di Nasrallah. Domenica 16 settembre, durante la visita del Papa, non è volata una mosca a Beirut, 250.000 persone hanno assistito alla messa sulla Corniche. Il giorno dopo 1 milione di manifestanti erano in piazza contro il film blasfemo. Un proverbio libanese dice “Se pensi di aver capito il Libano è perché te l’hanno spiegato male”.

“Non sono un santino, sono stato fortunato, mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto”, così il generale Franco Angioni ha esordito trattando l’ultimo tema “Italcon: la prima missione. Un modello di leadership militare”, la sua esperienza personale in Libano. Se una missione militare è semplice vuol dire che è inutile. Non si possono guidare donne e uomini se non si dispone del desiderio di esporsi, di essere di esempio, sentirlo come una vocazione. Servono formazione etica e grande motivazione. Nessuno ha il monopolio della verità, occorre mettere in dubbio anche se stessi. 30 anni fa sono stati 18 mesi densi di soddisfazioni. I militari di leva hanno scritto pagine di dignità. L’operazione non disponeva di alcuna preparazione, fu il trionfo dell’improvvisazione. Fu necessario creare uno “spirito di contingente”, 8500 uomini, il 75% militari di leva. Il pericolo della passività va assolutamente evitato, tutti i dipendenti devono essere sempre informati. Tre sono i fattori essenziali: il morale, l’addestramento e le risorse. Se uno è nullo, il prodotto è nullo. Occorrono onestà intellettuale, rispetto, comprensione, continuità. Idee chiare e semplici, senza arroganza. Umiltà, pazienza e sensibilità sono virtù non debolezze. La cultura costa, ma la non cultura costa di più. Scopo finale del leader è il merito che è una necessità, non esiste il successo senza qualche merito che va sempre perseguito. Vivere tra la gente, ricercare il consenso, perché senza aumentano le difficoltà. Senza passione non si va da nessuna parte, esprimetela. Lo scopo deve poter indicare la risposta alla domanda: perché si fa questa operazione? Dallo scopo discende il compito, cosa fare e le modalità d’azione, come operare. Il leader deve avere ben chiaro dove andare. Nel 1982 non esisteva lo scopo, la politica non era stata in grado di esprimerlo. Ci concentrammo sul compito: proteggere la popolazione. Con il contingente italiano era scoppiata la pace. L’etica del comportamento, legge morale indirizzata al bene oggettivo, la si acquisisce con la cultura. Con i commilitoni, ricercare la stima e convivere, con la popolazione, rispetto dei diritti umani, con l’avversario, no nemico, operare senza odio, no rappresaglia ma legittima difesa. Leadership, capacità operativa, risultati operativi. La politica è necessaria, fate in modo di non ostacolarla.

“Formidabile lezione di pedagogia militare e civile” ha definito l’intervento del generale Angioni il professor Roberto Farnè, docente dell’università di Bologna.

 

 

 

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