Sono come nuvole nere all’orizzonte, un presagio della tempesta in arrivo. E quando colpirà nessuno potrà dire «ma come è stato possibile». Non parliamo di alluvioni ma dei rischi di un massiccio attacco cibernetico, un colpo di maglio che può mandare al tappeto strutture finanziarie o un intero Paese. Profezia da Cassandra?

Non si direbbe, se guardiamo a quanto è accaduto nell’ultimo anno. Partendo dalla fine. Ieri gli Usa hanno accusato gli iraniani di aver sferrato azioni di cyber-guerra contro alcune importanti banche. A sua volta Teheran ha dovuto parare i danni creati dai «virus» negli impianti petroliferi.

Un rapporto del Congresso statunitense ha messo in guardia sull’acquistare materiale tecnologico da un paio di grandi gruppi cinesi, perché c’è il rischio che possa agevolare operazioni di spionaggio elettronico. Pechino, e non da oggi, è considerata pericolosa non solo per le sue ambizioni militari ma anche per la sua abilità nell’usare i computer come armi.

Ancora gli americani hanno avvertito sui rischi di una possibile incursione – devastante – per mano di hackers dell’Est. Gang specializzate nel rubare dati e denaro via web si starebbero preparando in queste settimane. Scenari da fiction ma che raccontano la realtà. Tanto che da Washington continuano a lanciare appelli alla vigilanza.

È stato Leon Panetta, segretario della Difesa ed ex capo della Cia, a dire che gli Usa potrebbero assistere ad una «Pearl Harbor cibernetica». Un assalto a sorpresa come quello giapponese nel 1941 alle Hawaii.Quello di Panetta è un parallelo storico che colpisce l’immaginario collettivo e che indica una priorità. Prepararsi per evitare di essere colti alla sprovvista.

Gli Stati Uniti hanno aumentato le risorse, creato un comando ad hoc, studiato molte opzioni, comprese le ritorsioni nel caso di un’aggressione. Però potrebbe non bastare. Per il semplice fatto che oggi la rete è troppo ampia, coinvolge aspetti che hanno ben poco di militare e dunque offre mille varchi a chi vuole sfruttarla con intenti criminali o ostili

Guido Olimpio, 14 ottobre 2012

Fonte: Corriere della Sera

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