di Beppe Boni
Per molte persone sottratte alla furia del maltempo nell’inferno della Romagna, la salvezza è arrivata dal cielo col rumore delle pale di un elicottero. Il tenente pilota Matteo Sarti (nella foto), 33 anni di Livorno, in forza al 7° reggimento aviazione dell’Esercito “Vega” di Rimini, è uno degli angeli che, insieme al suo equipaggio, fa la spola da lassù per salvare vite.
Quante missioni avete compiuto in questi giorni?
“Ci siamo alzati in volo decine di volte e abbiamo recuperato in situazioni altrimenti impossibili, fra allagamenti e aree colpite da frane, 75 persone fra adulti, anziani, bambini e in qualche caso anche animali”.
Animali?
“Certo, cani e gatti. Le persone che soccorriamo non vogliono lasciarli a terra”.
Di quali velivoli disponete?
“Gli NH90, un elicottero multiruolo biturbina con rotore a quattro pale che prevede 5 membri di equipaggio: due piloti, due tecnici di bordo e un tecnico addestrato a scendere con la fune azionata dal verricello per il recupero delle persone in difficoltà”.
In questi giorni operativi 24 ore su 24?
“Abbiamo turni di reperibilità. Appena arriva una richiesta di soccorso col coordinamento della prefettura in pochi minuti si decolla”.
Anche di notte?
“Ovvio. Nell’area di Galeata alcuni giorni fa è arrivata un a richiesta in piena notte per un anziano rimasto isolato in collina. Una frana aveva devastato la strada di accesso alla casa, la sua auto andata distrutta ed era rimasto senza corrente elettrica. Col cellulare ha chiesto aiuto”.
Com’è andata?
“Ricevute le coordinate, attraverso i visori notturni abbiamo individuato il luogo. Arrivati sul posto verso le 3 di notte col faro in dotazione abbiamo illuminato l’area. Il tecnico soccorritore si è calato a venti metri dalla casa. Ha imbragato l’uomo e l’abbiamo portato a bordo”.
Era spaventato?
“Certo, era provato, ma ha mantenuto la calma. Ha pronunciato poche parole, era quasi bloccato. Poi, come succede a molti, si è liberato dall’emozione e con gli occhi lucidi una volta atterrati ci ha abbracciati. Non finiva più di ringraziare”.
Usate sempre il verricello?
“Quando è possibile cerchiamo di atterrare. Sempre a Galeata siamo riusciti a scendere in uno spazio molto ristretto per recuperare un’ intera famiglia bloccata da una frana: padre, madre, due bambini fra cui un neonato di 6 mesi, e i nonni. La mamma ha implorato di caricare anche il passeggino. Tutti a bordo e via”.
I bambini come reagiscono quando li issate col verricello?
“Disponiamo anche di speciali imbragature anche per i più piccoli. Di solito sono calmi, per loro è quasi un gioco. Sono meravigliosi. Ho ancora negli occhi il salvataggio di un bimbo di 1 anno e mezzo. Si stringeva all’operatore come fosse il papà, si sentiva al sicuro mentre saliva col verricello. Il collega che lo aveva a sé, non lo ha confessato, ma era commosso. Non avrebbe più voluto cedere quell’abbraccio”.
Soccorsi sull’acqua?
“I primi giorni sono stati tanti. Un salvataggio dietro l’altro. Abbiamo recuperato tante persone sui balconi, sui tetti, a terra in zone già sommerse”.
Per esempio?
“Alla periferia di Cesena, dove è esondato il Savio, una signora che stava camminando nei pressi dell’argine è stata sorpresa dalla furia dell’acqua ed è riuscita ad aggrapparsi a un albero. Era terrorizzata. Il nostro tecnico si è calato col verricello poco lontano, con l’aiuto di alcuni operatori a terra si è assicurato ad un punto fermo e nell’acqua ha raggiunto la signora, l’ha imbragata e poi l’abbiamo issata a bordo”.
Anche i militari duri e puri si commuovono?
“È sempre una grande emozione salvare persone che arrivano a bordo col terrore negli occhi. Sì, ci si commuove pur indossando la divisa”.
Ancora una domanda…
“No, ora vado comincia il mio turno. C’è ancora tanto da fare”.
Fonte: Quotidiano Nazionale