“La stampa è al servizio dell’uomo, richiede etica”

 

Anche Papa Wojtyla, che oggi viene elevato alla gloria degli altari, è stato un infaticabile comunicatore. Ha saputo parlare al cuore della gente, ha viaggiato tutto il mondo per portare la parola di Dio, la buona novella. Ha saputo ‘informare’. “Sì, l’informazione deve creare legami”, ha sottolineato l’arcivescovo monsignor Antonio Lanfranchi, durante l’appuntamento con la Pasqua del giornalista, promossa dall’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana). Riprendendo una bella tradizione, avviata già anni fa dal ‘nostro’ Riccardo Pellati, il presule si è confrontato con i giornalisti modenesi sui grandi temi dell’etica dell’informazione, che deve essere il ‘faro’ di chi fa questa professione.

 

Le letture proposte nelle Messe di questi giorni pasquali sembrano quasi ‘tagliate’ sul mestiere di giornalista. I primi testimoni della Resurrezione, infatti, erano chiamati una ‘notizia’ speciale, quella notizia che ha cambiato la Storia. “La Chiesa è nata come comunicazione – ricorda monsignor Lanfranchi -. Se Maria di Magdala e i primi discepoli avessero tenuto per sé quanto avevano visto, non avremmo la Chiesa. La Resurrezione non è stata una rianimazione, ma ha mutato lo sguardo della Storia. Gesù ha dato un orizzonte di speranza alla storia dell’uomo”.

 

Il giornalismo dunque è servizio all’uomo, richiede passione, competenza, etica, credibilità. Ma soprattutto “al centro deve esserci il riconoscimento della dignità dell’uomo”, ha aggiunto l’arcivescovo che ha poi aperto una tavola rotonda con i giornalisti modenesi su ‘La Chiesa e i media’. L’incontro, introdotto da Antonio Farné, presidente regionale Ucsi, e moderato da Roberto Righetti, presidente dell’Associazione stampa modenese, ha preso le mosse dal ‘Manifesto per un’etica dell’informazione’ promosso dall’Ucsi: “L’informazione non è spettacolo”, avverte il documento, che in particolare richiama i giornalisti all’onestà intellettuale.

 

L’etica della parola – ha detto monsignor Lanfranchi – “implica tre aspetti: trasmettere contenuti, esprimere se stessi e instaurare dialogo”. Questo è ancor più evidente per la stampa locale, che ‘parla’ a una città, a una provincia, a una comunità e – per esempio nell’ambito della Chiesa – può essere voce dei gruppi, delle parrocchie, dei ‘testimoni’ che costruiscono speranza. “Il senso di comunità può aiutare a superare le barriere anche nei confronti di chi arriva da noi da terre lontane”, è stato sottolineato durante il dibattito. In questa era digitale in cui sembra vincere solo un dialogo ‘virtuale’, si deve riscoprire il dialogo vero e sereno fra le persone: e le ‘buone notizie’, poi, devono tornare a essere protagoniste nei nostri giornali. Ma forse la Chiesa a volte dovrebbe essere meno ‘timida’ nel proporre il suo pensiero: “Probabilmente siamo in ritardo nella capacità di comunicare – ha ammesso monsignor Lanfranchi, concludendo l’incontro -. Ma c’è bisogno della corresponsabilità di tutti i laici competenti”. Perché informare significa anche formare uomini nuovi.

 

Stefano Marchetti, 1 maggio 2011

Fonte: Il Resto del Carlino – Modena

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here