In quattro giorni, tra il 14 e il 17 dicembre, circa 400 ‘insurgent’ afghani dell’area ovest, quella sotto il comando italiano, hanno deposto le armi e scelto di aderire al progetto di reinserimento nella societa’ civile. E sono oltre 3000 gli insorti afghani che hanno deposto le armi dall’ottobre 2010 a oggi, dicendo si’ al progetto di pacificazione voluto dal governo di Kabul e gestito dalle comunita’ locali e dai leader delle stesse comunita’. Un progetto agevolato dalla coalizione Isaf. Nella sola area regionale ovest, che e’ sotto il comando del contingente italiano e vede impegnato nel semestre che va dal settembre scorso a marzo 2012 la Brigata ‘Sassari’ guidata dal generale Luciano Portolano, da ottobre 2010 sono stati 1045 gli insorti passati alla parte legale, mentre altri 102 sono candidati alla reintegrazione e per altri 432 ci sono le cosiddette ‘opportunita’ di reintegrazione’, ovvero c’e’ una valutazione nei loro confronti.

I dati sono stati forniti questa sera nel corso di un briefing nel Regional Command West di Camp Arena, a Herat, con interventi dello stesso generale Portolano, del colonnello Fortunato Di Marzio, responsabile operazioni dell’area ovest, e del colonnello Enrico Pederzolli, addetto alla stabilita’. Proprio quest’ultimo ha offerto il quadro della situazione reintegrazione, frutto del documento approvato in occasione della Jirga del giugno 2010 su proposta del Consiglio nazionale di sicurezza afghano, sottolineando che in poco 14 mesi il numero totale di persone tra quelle gia’ reinserite e quelle in fase di passaggio sono poco piu’ di 4500 nell’intero Afghanistan, e il numero di quelle nell’area ovest a comando italiano ammonta al 40 per cento del totale.

Pederzolli ha parlato anche della fase di transizione partita nell’agosto scorso e che fa si’ che la provincia di Herat (estesa quanto il Nord Italia e comprendente anche le province di Badghis, Ghowr e Farah) sia la prima ad essersi avviata verso il passaggio di totale responsabilita’ dalla coalizione alle autorita’ afghane. Solo per la parte di Shindad, che rientra nella provincia di Herat, la transizione avverra’ piu’ avanti nel tempo. Piu’ in generale e’ in corso un’attivita’ di analisi e valutazione, i PRT (Provincial reconstruction team) sono al lavoro, e attivita’ di coordinamento sono condotte con agenzie Onu, piu’ una organizzazione afghana incentrata sulle donne (Voice of Woman), Croce Rossa, la cooperazione italiana e l’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale e il Dipartimento di Stato statunitense.

In precedenza il colonnello Di Marzio aveva esposto il quadro della situazione sul territorio, dove vivono oltre 3 milioni di persone – “quasi quanto gli abitanti di Roma” – e dove insistono diversi gruppi etnici, in particolare i pashtun a sud e i tagichi a nord. E quanto agli insorgenti, nel centronord la lotta contro la legalita’ ha uno spessore piu’ da criminalita’ organizzata (contrabbando, traffico di droga e di armi), mentre al sud ha una matrice piu’ ideologica e pero’ non trascura di seguire anche le correnti della coltivazione e del traffico di oppio e di marijuana. Gli obiettivi degli insorti sono essenzialmente quattro: riguadagnare l’iniziativa sul campo; riguadagnare l’influenza sulla popolazione; mantenere la liberta’ di movimento; contrastare i progetti di sviluppo della polizia locale.

Di Marzio ha aggiunto che lo spirito con cui si muove la coalizione e’ quello del partnariato con le forze di sicurezza del posto, incoraggiare gli afghani ad assumersi la responsabilita’ delle operazioni di sicurezza, avendo comunque sempre la popolazione al centro della definizione degli obiettivi da ottenere. Uno sforzo importante e’ stato condotto, e tuttora viene condotto, per la realizzazione o la messa in sicurezza di infrastrutture viarie, come un by pass nella parte nord, nell’area di Bala Murghab, oppure lungo la direttrice che va da Herat a Ghor tagliando a meta’ orizzontalmente la provincia di Herat e che fara’ da base per l’Highway2. In questo inverno e prima che si concluda il periodo di comando dela Brigata ‘Sassari’ (il 31 marzo prossimo), l’obiettivo – ha spiegato Di Marzio – sara’ quello di consegnare gia’ entro febbraio , laddove le condizioni lo permetteranno, l’intera provincia di Herat alle autorita’ afghane.

“Ora deve cominciare a correre da sola questa provincia…”, ha commentato Di Marzio. E si sta gia’ programmando il futuro delle operazioni: a gennaio scattera’ il prossimo processo di pianficazione, l’Oplan Naweed 1391, e si decidera’ una buona parte del futuro dell’area, ovvero come si articolera’ il lavoro della coalizione qui a comando italiano. Un’operazione-cerniera con gli Usa coinvolgera’ l’area tra Herat e l’area di Helmand, cioe’ il Gulistan. Guardando alla scadenza del 2014, data per ora fissata come quella per la definitiva transizione dell’intero Afghanistan dall’Isaf al governo nazionale. E il generale Portolano non a caso aveva in precedenza parlato di sicurezza ma anche di sviluppo e governance, indicandoli come i tre cardini dell’azione della coalizione in questa fase. Ed aveva fatto ricorso alla metafora del conducente di un’auto: finora al volante solo la coalizione, e l’afghano a fianco che guarda; poi al posto di guida ha cominciato a mettersi l’afghano ma sul volante le mani ancora quelle della coalizione per accompagnare questa fase; adesso si puo’ pensare di lasciare il volante nelle mani dell’afghano. Anzi gia’ oggi “un buon 50 per cento afghano e’ in condizione di operare da solo”, ha detto il comandante del contingente italiano e dell’area ovest.

Enzo Castellano, 30 dicembre 2011

Fonte: AGI

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