di Carmelo Abisso

“L’immagine dell’Esercito italiano da Quinto Cenni all’era informatica” è il titolo del convegno che si è svolto venerdì 14 ottobre nella sala grande di Palazzo Sersanti a Imola(BO), legato alla celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola. Presenti tra le autorità, il generale di corpo d’armata Giuseppe Valotto, capo di stato maggiore dell’Esercito, il presidente della Fondazione, ingegner Sergio Santi, il vescovo di Imola, monsignor Tommaso Ghirelli e il comandante militare Esercito “Emilia- Romagna”, generale di divisione Antonio De Vita.

Il professor Angelo Varni, presidente dell’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della regione Emilia-Romagna (Ibc), ha introdotto i lavori ricordando Quinto Cenni, cittadino imolese che tanta importanza ha avuto nella storia militare risorgimentale. Illustratore specializzato in iconografia militare, ebbe un ruolo fondamentale nel comunicare, attraverso l’immagine, i valori di uno dei pilastri dell’Unità italiana: l’Esercito.

L’ingegner Santi, ospite del convegno nella sede della Fondazione a Palazzo Sersanti, dopo aver salutato i presenti ha evidenziato il tradizionale radicamento territoriale che ha origini nel 1512 con il Monte di Pietà, una storia cinquecentenaria di un territorio, quello imolese, con 150.000 abitanti e una diocesi vescovile propria. Volontari imolesi erano presenti nella lista dei garibaldini della spedizione dei Mille e l’imolese Cenni è “un concittadino che ha esaltato la Patria unita”.

“Nell’ambito delle iniziative legate al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ricordiamo oggi la figura di Quinto Cenni –  ha detto il generale Valotto nel suo saluto – il più celebre illustratore italiano di uniformi militari del XIX secolo e, attraverso la sua straordinaria opera, ripercorriamo l’immagine dell’Esercito italiano dal risorgimento ai giorni nostri”. Impareggiabile miniaturista e incisore, straordinario propugnatore degli ideali risorgimentali, Cenni ha rappresentato il primo significativo esempio di pubblicistica militare. Ha permesso a tutti gli italiani di conoscere il loro Esercito e ha il merito di aver contribuito a edificare la coscienza unitaria. Le uniformi rappresentate nei suoi figurini diventano strumento imprescindibile di unità nazionale. “Da allora il mondo della comunicazione è radicalmente cambiato – ha concluso Valotto – ma l’Esercito è rimasto costantemente protagonista della nostra storia. Ne sono un brillante esempio i circa 6.000 uomini e donne che svolgono all’estero attività di supporto della popolazione locale. Proprio il quotidiano impegno dei nostri soldati, ritengo rappresenti, oggi, la più bella immagine dell’Esercito italiano”.

Il professor Roberto Balzani, sindaco di Forlì, nell’intervento “La figura di Quinto Cenni” ha ricordato il suo legame con Giovanni Spadolini, di cui fu allievo. Spadolini recuperò per primo l’immagine di Quinto Cenni. Nasce nel 1845 e muore nel 1917, talento naturale, disegnatore autodidatta, Cenni studia xilografia a Bologna e litografia a Milano, durante l’età dell’oro della rappresentazione del territorio, passaggio centrale nel settore della grande editoria culturale. L’avvio di carriera con uno straordinario album sulle due battaglie di Custoza, 1848 e 1866, la cui cifra prevalente è l’insurrezione territoriale. Con la spedizione in Crimea del 1855 produce album che insistono sui campi di battaglia, rappresentano l’apparato militare. I colori delle divise diventano le allegorie nazionali. Sotto il profilo della comunicazione, la guerra di Crimea costituisce uno spartiacque, l’abbrivio di una stagione di produzione fantastica. Il regno di Sardegna entra nel grande flusso comunicativo di Francia e Inghilterra. Cenni descrive in immagini straordinarie l’episodio del “quadrato del 49° di Custoza” che troviamo nel libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. L’aspetto generazionale, l’orgoglio del ventiduenne Umberto, futuro re d’Italia, diventa la cifra dell’Esercito, descritto da Cenni come “attore sociale”. La nazionalizzazione delle masse è il portato più autentico, il dato tipico dell’Italia liberale, l’asse portante del consenso dell’Italia unita. “Aveva ragione Spadolini – ha concluso Balzani – quando affiancava il nome di Cenni a quello di De Amicis”.

“L’immagine dell’Esercito italiano attraverso il cinema” è stato il tema trattato dal dottor Andrea Meneghelli della Cineteca di Bologna. Con “Nozze d’oro”, film sulla battaglia di Palestro, si lancia un ponte tra Esercito e cittadinanza, in una atmosfera di concordia nazionale. “I bersaglieri”, film del 1909, racconta le attività addestrative della specialità. Si passa poi dal cinema di finzione sulla campagna di Libia, che descrive il fronte nordafricano nel 1911, al cinema dei “forzuti”, con Bartolomeo Pagano nel ruolo di Maciste alpino. E’ del 1959 “La grande guerra”, il capolavoro di Mario Monicelli sulla prima guerra mondiale e “Tutti a casa”, film del 1960 di Luigi Comencini sulla seconda guerra mondiale, rappresenta infine un viaggio di riscoperta interiore, l’avventura di un uomo qualunque come emblema di un percorso collettivo.

Il colonnello Antonino Zarcone, capo dell’ufficio storico dello stato maggiore dell’Esercito, ha descritto le importanti competenze dell’ufficio, costituito durante la campagna del 1848 per tenere il carteggio dell’armata, oggi “custode” della memoria storica dell’Esercito. Parificato all’archivio di stato, l’ufficio storico ha, tra i suoi compiti, le indagini di archivio preliminari sui crimini di guerra e la valorizzazione del patrimonio storico della Forza armata. Il fondo “Cenni” detto anche codice Quinto Cenni, dal nome del fondatore dell’illustrazione militare italiana, è custodito dall’ufficio storico.

Su “La comunicazione e l’immagine dell’Esercito oggi” è intervenuto il generale di brigata Marco Ciampini, vice capo del V reparto affari generali dello stato maggiore dell’Esercito. Le missioni all’estero e le attività sul territorio nazionale rappresentano i capitoli fondamentali del “Piano di Comunicazione” che viene redatto ogni anno dalla Forza armata. I capisaldi della comunicazione sono le attività che l’Esercito svolge “tra la gente e per la gente”, dalla Forward operating base(Fob) di Bala Morghab, alla cooperazione civile-militare del Provincial reconstruction team(Prt) di Herat, la bonifica delle mine sulla “Blue line” in Libano, piuttosto che le operazioni “Gran Sasso”, “Strade Sicure” e “Strade pulite” sul territorio nazionale. Occorre mantenere “la persistenza della comunicazione” con le comunità locali. Ma comunicare efficacemente vuol dire anche eliminare gli stereotipi negativi, gli “idola”, con una mentalità aperta, dinamica, flessibile, in grado di guardare chiaramente la realtà, ricercando la creazione di un tessuto unico. L’immagine dell’Esercito oggi guarda con attenzione alla leadership, alla famiglia, legata più che in passato al contesto sociale di riferimento, alla tecnologia, vedendo le applicazioni innovative che può avere, ma soprattutto all’Uomo, con la U maiuscola, alla sua affettività emozionale, perché i valori della Forza armata devono essere integrati con i valori della società.

Ha concluso il convegno il professor Varni, raccontando un aneddoto, a proposito dell’importanza della storia, riferito agli anni ’90 quando era docente all’Accademia militare di Modena. I componenti di una delegazione straniera in visita all’Istituto gli chiesero che materia insegnava agli allievi ufficiali. Quando rispose storia contemporanea, i visitatori rimasero stupiti dicendo che “mai avrebbero insegnato la storia ai loro soldati, perché poteva essere pericoloso!”. “Dobbiamo ringraziare Quinto Cenni – ha detto infine Varni – che tanta parte ha avuto nella costruzione di una generazione della nostra Italia”.

 

 

 

 

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