Il ministro: «Non si può pensare di fare affidamento solo sull’America. Vannacci? Deve sottostare alle regole che hanno i militari» 

di Paola Di Caro

ROMA In serata, quando arriva la notizia del drone abbattuto dalla nave Duilio, il ministro della Difesa Guido Crosetto è perentorio: «Gli attacchi terroristici degli Houthi sono una grave violazione del diritto internazionale e un attentato alla sicurezza dei traffici marittimi da cui dipende la nostra economia. Sono parte di una guerra ibrida, che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e agevolarne altri». Del resto la sua convinzione è che in questa situazione «è tempo di cambiare la nostra idea di difesa, dalle fondamenta».

Sale la tensione in Medio Oriente…

«Dal primo giorno abbiamo avuto sempre una posizione coerente: siamo stati i primi a portare aiuti umanitari e una posizione chiara sul futuro (due popoli e due Stati). Il massacro dei civili deve finire, lo ha detto Meloni a Netanyahu e io al mio omologo Gallant. Hamas va sradicata ma il popolo palestinese va protetto. Purtroppo però non siamo solo noi a decidere. Io mi scandalizzo per i morti civili delle bombe israeliane come per quelli causati dalle bombe di Putin.  Altri invece fanno finta di non vedere le armi e i bombardamenti dei russi».

L’Italia è a capo della missione contro gli Houthi in Mar Rosso, ma con che mandato?

«Non siamo lì per fare azioni di guerra, non possiamo per legge e Costituzione, ma difenderemo le nostre navi. Da cittadino sarei turbato se non ci fosse unanimità su una missione che difende i traffici marittimi nel Mediterraneo, che per noi sono vitali».

Meloni ha promesso a Zelensky un aiuto quasi incondizionato. Poteva, doveva?

«Il presidente Meloni ha dato seguito ad una decisione presa dal G7 dopo il vertice Nato di Vilnius: mantenere il sostegno all’Ucraina. Un accordo di principio, senza dettagli, perché — a differenza di altri Paesi che li hanno già stabiliti — noi dovremo passare attraverso meccanismi di finanziamento, innanzitutto parlamentari».

Sì ma doveva? L’opinione pubblica oggi è divisa.

«Aiutare l’Ucraina a difendersi è uno dei modi per evitare l’allargamento della guerra.  Se Kiev fosse caduta, la Russia sarebbe arrivata in Europa e ci sarebbe stata una reazione. Come giustamente ieri ha detto il Pentagono. Poi è chiaro che si deve lavorare per un tavolo di pace, ma senza mettere in discussione il principio che — ovunque — i confini sono sacri e il diritto internazionale va difeso. Vanno ripristinati paletti di convivenza civile e democratica».

Ma l’Italia è solo un pezzetto di Nato o ha una sua autonomia?

«Dovrebbe averla, anche perché in America cresce la voglia — lo dice Trump — di disimpegnarsi dall’aiuto a chi non si è mosso per costruire una difesa nazionale adeguata.  Chiariamo: l’Italia (come la maggior parte delle nazioni) non può farcela a difendersi da sola. Ci dicono da anni che per godere di una difesa collettiva dovremmo almeno contribuire con il 2% del nostro Pil, ma anche su questo siamo inadempienti. Però purtroppo il mondo è cambiato repentinamente. Abbiamo pensato che l’investimento in Difesa non fosse necessario, che le forze armate servissero solo per salvataggi, una sorta di protezione civile 4.0. Tanto c’era l’America».

E quale strada andrebbe imboccata?

«Intanto bisogna coordinarsi con gli alleati, partendo dall’Europa: bisogna organizzare forze comuni, addestramento comune, far dialogare sistemi di difesa diversi per integrarli.  Purtroppo siamo tra gli ultimi a capire la necessità di avere una Difesa solida. Paghiamo un retaggio culturale, un “antimilitarismo” diffuso. E invece è in pace che un esercito va rafforzato, in ogni modo, con nuove tecnologie e figure professionali: non solo carri armati, che pure servono, ma cybersicurezza, esperti di IA, strumenti moderni di analisi, formazione, ricerca. Io sto cercando di portare avanti questa rivoluzione nel mio dicastero, ma ci sono ovunque tante resistenze».

È sempre più caldo il caso Vannacci. Salvini teme un complotto…

«Vannacci cittadino è libero di esprimere ogni idea ed opinione, ed è innocente dalle accuse finché non sarà giudicato in via definitiva. Vannacci militare però deve sottostare alle regole che hanno i militari in ogni nazione del mondo e che sono diverse da quelle dei civili come noi. L’inchiesta dell’esercito sul suo comportamento (non sulle sue idee) in quanto alto ufficiale inizia ad agosto, e ha avuto i suoi tempi.  Ciò detto la comunicazione delle conclusioni — la sospensione, che peraltro non era la decisione più dura che poteva essere presa — è stato il suo avvocato, e nessun altro, a renderla nota. Avrà valutato che poteva essere utile. Cosa totalmente diversa è l’inchiesta amministrativa sul suo periodo di permanenza in Russia, nata in tempi non sospetti e denunciata dal suo successore nell’incarico. Vannacci non è persona qualunque, lo ripeto, è un militare. E valgono per lui le regole che valgono per tutti i militari, perché chi è militare ha accettato di avere una gerarchia, di dovere rispetto e obbedienza ai suoi superiori e a una scala gerarchica precisa.  Il rispetto delle regole è ciò che preserva l’organizzazione militare. Nessun civile lo sa ma lui, Vannacci, lo sa perfettamente».

A volte sembra invece che a certe regole — come l’uso proporzionato della forza — si sottraggano pezzi delle forze dell’ordine, come a Pisa.

«Guardiamo i dati. Abbiamo autorizzato un numero altissimo di manifestazioni, più di qualunque altra nazione, senza alcun problema quando sono state pacifiche. Se invece in una manifestazione si vogliono fare atti violenti, mi troverete sempre dalla parte di polizia, carabinieri, forze dell’ordine».

Anche se i «violenti» hanno 17 anni? E se con loro ci fosse stato suo figlio?

«Può darsi che tra 100 persone una sia violenta e 99 no e nessuno di quei 99 va toccato.  Ma credo che mio figlio sarebbe stato tra coloro che avrebbero fermato o allontanato quel violento o si sarebbe allontanato da lì».

Dopo la sua denuncia sono stati scoperti centinaia di accessi abusivi per acquisire informazioni sui politici. Esiste una centrale di dossieraggio?

«Non lo so, non conosco i risultati dell’indagine. Commenterò a inchiesta finita».

In Sardegna avete perso: perché l’opposizione era unita?

«Il candidato ha perso nella sua città, ha fatto una valutazione errata della propria forza, anche se credo che il suo lavoro, decine di cantieri aperti, verrà presto rivalutato. Forse la presunzione ci ha fatto scegliere un candidato senza tenere conto del sentiment della sua città. Un’opposizione forte non deve spaventarci, anzi è bene che ci sia, perché sprona la maggioranza a fare meglio.  Mi spiace solo quando la maggioranza non capisce che deve essere unita, che non si va avanti con dispetti reciproci.  Io non ho mai parlato male di un collega o mi sono permesso di entrare sulla sua materia.  Anche quando tacere mi costa perché non capisco le polemiche. Taccio, anche se sto finendo le guance da porgere…».

E la sua forza fisica com’è? Lei è stato ricoverato per problemi al cuore, tra solidarietà e attacchi social…

«Sto bene, rassicuro i miei nemici. Scherzo perché in realtà ho avuto tanto sostegno, e l’imbecille che ti dice “ti sta bene, visto che ti eri vaccinato” dà la cifra del tenore dei nemici.  Ciò detto sono un habitué dei problemi di cuore, mi dicono di fare una vita tranquilla, ma facendo il ministro in un momento come questo… L’unica soluzione sarebbe dimettermi (Ride)».

Pensa di farlo davvero?

«Ci penso talvolta, perché mi manca la vita di prima.  Mantengo sempre un distacco totale dal potere pro tempore e non mi costerebbe lasciarlo».

 Fonte: Corriere della Sera

 

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