Guerini: militari italiani attivi sul campo in Lettonia, Romania e nel Mediterraneo

di Maria Teresa Meli

«La violazione dell’integrità territoriale di un Paese non è accettabile e costituisce una minaccia alla pacifica convivenza di popoli e Stati. Il riconoscimento da parte della Russia delle legioni separatiste di Donetsk e Lugansk, oltre a violare gli accordi di Minsk, mette a rischio gli sforzi per risolvere il conflitto. La Nato e l’Unione europea hanno lavorato e continuano a lavorare incessantemente per una soluzione politica. Per giorni abbiamo atteso che alle parole russe sulla de-escalation seguissero i fatti. I fatti, purtroppo, sono andati nella direzione opposta. Continuiamo, però, a ritenere che la via diplomatica sia la strada maestra. Questo non significa che non occorra una risposta ferma».

Ministro Guerini, i nostri soldati sono stari preallertari?

«La coesione che abbiamo dimostrato fino ad ora è necessario che si confermi sia a livello di Unione europea con il sistema delle sanzioni, che a livello Nato attraverso il mantenimento degli strumenti di deterrenza. Strumenti a cui anche l’Italia contribuisce con le attività sul terreno dei nostri militari in Lettonia, con l’air policing in Romania, con la sorveglianza marittima nel Mediterraneo orientale e con le ulteriori misure di innalzamento della prontezza operativa che in queste settimane sono state implementate. Misure che, ancora una volta, vanno intese come lo stimolo a un vero confronto costruttivo. Proprio questo è il senso della deterrenza: esortare la Russia a non alimentare il conflitto e scegliere la via della diplomazia».

Siamo alla vigilia di una terza guerra mondiale?

«Sarei molto cauto a rievocare certi riferimenti. Faccio mie le parole del segretario generale della Nato: continuiamo a chiedere alla Russia di fare un passo indietro e impegnarsi in buona fede a contribuire a una soluzione politico-diplomatica. Nella convinzione che, nonostante declamate nostalgie imperiali, una escalation della situazione non sia utile a nessuno, in primis alla Russia».

L’esercito russo continua le sue esercitazioni in Bielorussia. Non solo, grazie a un referendum la Bielorussia potrà ospitare armi nucleari di Mosca.

«Alle dichiarazioni russe non sono seguiti i fatti e le esercitazioni in Bielorussia, che dovevano terminare la scorsa domenica, sono proseguite. Così come la presenza ai confini dell’Ucraina di circa centocinquantamila militari ed imponenti assetti operativi. Nei confronti di tutto ciò, la Nato mantiene attivi i suoi meccanismi di deterrenza e difesa collettiva. L’Alleanza Atlantica, voglio ribadirlo, è e rimane un’organizzazione difensiva, non intende utilizzare la chiave del confronto militare ma, ancora una volta, perseguire la via della politica. In tal senso ricordo che la Nato, nelle sue interlocuzioni con Mosca delle scorse settimane, aveva manifestato la propria disponibilità a riaprire un confronto trasparente anche sul tema della non proliferazione degli armamenti, dimostrando di voler coinvolgere la Russia nell’aggiornamento della strategia di sicurezza europea. Di certo, minacce o azioni contro la sovranità territoriale di altri Stati non sono il viatico migliore per affrontare un dialogo veramente costruttivo».

Si ha quasi l’impressione che l’Europa, nonostante ci siano già state la Georgia e la Crimea, resti a guardare.

«Ribalto la domanda: proprio quanto già accaduto in Georgia e Crimea ci dice che la risposta deve essere coesa e unita. Le sanzioni devono essere vere e realmente efficaci e le decisioni assunte ieri vanno in questa direzione. E passa attraverso una concreta solidarietà all’Ucraina e al suo popolo, che l’Italia, come ha detto il ministro Di Maio, intende sostenere anche dal punto divista finanziario».

Il nostro governo è così cauto perché teme per i rifornimenti energetici?

«Non c’è nessuna esitazione da parte dell’Italia, anzi vi è piena adesione alle scelte che tutti insieme a livello europeo stiamo contribuendo a realizzare. Certo, il tema dell’energia è un tema importante per i cittadini ed è giustamente considerato con la massima attenzione da noi e dai nostri partner, ma questo non rappresenta sicuramente un freno alla fermezza con cui dobbiamo affrontare questa crisi. Ciò detto, si impone una riflessione sul più ampio concetto di sovranità nazionale, che riguarda diversi settori strategici, tra cui quello dell’energia. Per questo, non a caso, alcune delle nostre missioni internazionali hanno come focus anche la sicurezza delle linee di approvvigionamento energetico».

L’Europa paga il fatto di non avere una sua politica militare?

«No, perché la coesione europea si è manifestata nelle scelte condivise insieme nell’Alleanza Atlantica. Ciò detto, la Difesa comune europea non è un tema primariamente tecnico militare, ma innanzitutto politico. Stiamo lavorando alla “Bussola Strategica”, a cui anche l’Italia sta dando il suo importante contributo. Non è una discussione solo su numeri e assetti in campo. Ciò che è necessario è che la Ue rafforzi la sua politica estera e di difesa comune. Questo significa dotarsi di un’analisi condivisa della minaccia, possedere un’agenda comune, rafforzare la base industriale e, infine, costruire capacità militari ed avere la volontà di impiegarle. Come si vede, la questione è tutta politica».

Fonte: Corriere della Sera, 23 febbraio 2022

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