La conferenza ‘Dalla pace alla prosperità’ organizzata dagli Stati Uniti in Bahrain, a fine giugno, si è incentrata sull’economia palestinese e ha visto la partecipazione di sette stati arabi: una chiara negazione di quanto sostenuto da diversi esperti di politica estera, secondo cui il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele e le alture del Golan come territorio israeliano avrebbero alienato il mondo arabo”.

Esordisce così, sul Wall Street Journal, un editoriale di Eugene Kontorovich, direttore del Center for International Law in the Middle East e professore di Diritto alla George Mason University. “Gli stati arabi sunniti stanno legittimando i piani dell’Amministrazione Trump, rendendo ancor più evidente il fatto che l’Autorità palestinese stessa ( nella foto, Abu Mazen) si rifiuta di partecipare al tavolo. L’unico obiettivo della conferenza era di migliorare l’economia palestinese. Non è la prima volta che i palestinesi dicono di no a opportunità di miglioramento delle proprie condizioni socio-economiche. A un incontro organizzato dal presidente Clinton nel 2000, Israele offrì piena sovranità nazionale sul territorio che includeva circa il 92 per cento della Cisgiordania e tutta Gaza, oltre a una capitale dentro Gerusalemme.

L’Autorità palestinese rifiutò l’offerta, inducendo Israele a offrire il 97 per cento della Cisgiordania nel 2001. Di nuovo, la risposta fu no. Un’offerta ancor più generosa, nel 2008, fu rigettata su due piedi. E quando il presidente Obama fece pressione su Israele affinché accettasse di bloccare gli insediamenti per dieci mesi, nel 2009, così da riaprire il negoziato, i palestinesi si rifiutarono di sedersi al tavolo. Dopo così tanti rifiuti, si potrebbe essere tentati dal concludere che i leader dell’Autorità palestinese semplicemente non siano interessati alla pace. Se avessero accettato una qualsiasi delle tante offerte presentate loro, avrebbero immediatamente ricevuto il più raro dei premi della geopolitica: un nuovo paese, con pieno riconoscimento internazionale.

Dal rifiuto seriale della sovranità nazionale dei palestinesi si possono trarre diverse lezioni. Primo, lo status quo non è la ‘dittatura’ o il ‘dominio’ di Israele. I palestinesi possono benissimo rifiutare l’opportunità della vita perché quasi tutti tra loro già vivono sotto un governo palestinese. Secondo, i palestinesi non vogliono davvero la sovranità nazionale e una risoluzione del proprio conflitto. Questo è quel che gli economisti chiamano ‘preferenza rivelata’: per sapere cos’è che davvero i consumatori vogliono, si guardi a quello che scelgono.

I palestinesi hanno ripetutamente preferito lo status quo alla sovranità nazionale. Infine, dobbiamo abbandonare il presupposto che quando i palestinesi rifiutano un’offerta, questa possa rimanere sul tavolo e accrescere il loro interesse. Se le offerte continuano a migliorare nel tempo – è la conclusione del Wall Street Journal – i palestinesi hanno un forte incentivo a continuare a dire di no.”

Fonte: Wall Street Journal

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