Nella grande sala del Patriarcato cattolico di Gerusalemme monsignor Giacinto Marcuzzo si presenta ai parroci e teologi piemontesi con tutto il peso della storia della chiesa che guida: «Questa comunità di Terrasanta — sottolinea — è la discendente diretta dei primi apostoli. Siamo una minoranza ma non siamo dei convertiti. Siamo dei discendenti dalla prima comunità cristiana». C’è un’atmosfera particolare nelle stanze che oggi costituiscono il principale luogo di rappresentanza del Vaticano nella città di Gesù. La sera di inizio febbraio è tiepida e invitante. Ma le parole del monsignore sono a modo loro drammatiche. Il suo è un appello accorato alle diocesi piemontesi: «Dite ai vostri fedeli di venire in pellegrinaggio. Guidate quelle visite. Solo così la nostra piccola comunità riuscirà a sopravvivere». La delegazione piemontese, guidata dal presidente dell’Opera diocesana pellegrinaggi di Torino, don Massimiliano Arzaroli, è stata accompagnata da padre Eugenio Alliata, francescano, archeologo e teologo della Custodia di Terrasanta. Anche lui si porta sulle spalle una lunga storia: «I francescani — spiega — sono in queste terre dal 1200, 800 anni di testimonianza nei luoghi di Gesù». L’appello di monsignor Marcuzzo, uno dei collaboratori del patriarca Pierbattista Pizzaballa, non ha solo un carattere religioso. Certamente il viaggio in Israele è una delle mete più importanti per un cristiano. Alla basilica del Santo Sepolcro uno dei membri della delegazione riassume il significato spirituale del pellegrinaggio: «Il Sepolcro, per un credente, è il luogo in cui tutto è cominciato». Ma c’è anche un aspetto concreto che spiega l’appello di Marcuzzo: «Oggi i cristiani sono solo il 2 per cento della popolazione di Gerusalemme. E tra questi, i cattolici sono una minoranza. Stiamo rischiando di scomparire». La popolazione musulmana è quella predominante seguita dagli ebrei. Circa un terzo dei cristiani di Gerusalemme, racconta l’esponente del patriarcato, «vive di attività legate ai pellegrinaggi. Per questo il diminuire delle presenze di credenti rischia di spingere molti cristiani di Gerusalemme a trasferirsi». Qual è stata la risposta della delegazione piemontese? «Le diocesi della regione sono state molto presenti in Terrasanta nel 2018», spiega don Arzaroli. Nel 2018 sono arrivati dal Piemonte oltre 2mila pellegrini, una cifra considerevole che potrebbe aumentare nei prossimi anni. All’incontro nella sala del patriarcato erano presenti una ventina di guide bibliche. Si tratta di persone, quasi sempre sacerdoti, che hanno ottenuto da Israele lo status di guida e dunque la possibilità di ottenere il tesserino per condurre i pellegrini. In tutto in Regione sono una trentina. Uno dei problemi è quello dell’età: oltre i 75 anni Israele non concede più la possibilità di esercitare l’attività: «Per questa ragione stiamo formando giovani in grado di prendere il posto di coloro che saranno costretti a smettere», dice don Arzaroli. Ma per rispondere all’appello dei cattolici di Gerusalemme bisogna anche rendere più efficiente l’organizzazione dei viaggi. Un’idea è quella di realizzare un maggiore coordinamento tra le diocesi piemontesi. «Già oggi — sottolinea Arzaroli — altre diocesi si rivolgono a quella di Torino per il coordinamento dei pellegrinaggi. Credo che in futuro lavoreremo insieme a tutti per migliorare ancora il sistema. Senza dimenticare che il pellegrinaggio è innanzitutto un’occasione di crescita spirituale». L’incontro al Patriarcato volge al termine. Il viaggio di formazione delle guide bibliche piemontesi prosegue per altri due giorni. Sulla porta d’ingresso l’ultimo appello di monsignor Marcuzzo è ancora più pressante: «Aiutateci. Siamo una minoranza. Se vogliono, senza il vostro aiuto, ci possono mangiare in un solo boccone. Anche se qui siamo apprezzati da tutti».

Paolo Griseri

Fonte: la Repubblica Torino, 18 febbraio 2019

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