7 febbraio 2013. Sulla sua bara, appoggiata sopra la bandiera bianco-rosso-blu francese, c’era una sua vecchia fotocamera, quelle attuali sembrano essere scomparse il 17 gennaio scorso quando Yves Debay, reporter di guerra per anni inviato di punta di Raids Francia e dal 2005 fondatore, editore, inviato speciale e “anima” di Assaut, è caduto sotto i colpi di un cecchino ad Aleppo, in Siria.

 

In dubbio fino all’ultimo se seguire le forze francesi in Mali, ha finito per cedere alla parola data alle forze ribelli siriane qualche tempo prima ed è partito alla volta di quella che viene considerata la Stalingrado del 2013. Un luogo dove, come detto nell’omelia dall’Ordinario Militare di Francia che ha celebrato le esequie di Yves, il Vescovo di Aleppo ha detto che la gente comune sente intorno a sé la guerra senza capire nemmeno cosa succede.

Nato alla fine del 1954 a Elizabethville, in quella che è oggi la Repubblica Democratica del Congo, Yves si è arruolato nell’Esercito Belga quindi in quello Rodesiano e infine in quello Sudafricano, prima di lasciare le armi per la penna e, soprattutto la macchina fotografica. Era un fotografo sopraffino, e in esercitazione sapeva sfruttare e eventualmente creare le occasioni, ma era soprattutto nelle operazioni reali che esprimeva il meglio di sé, anche perché sovente si avventurava laddove altri non andavano. Ma era anche un profondo conoscitore di storia militare, e nei suoi articoli di attualità non mancavano mai i riferimenti storici.

Dalla Reforger 1985, prima sua esercitazione NATO e occasione del nostro primo incontro, alla fine della Guerra Fredda si alternava fra esercitazioni e missioni con le forze francesi, ma è dalla Guerra del Golfo in poi con l’aumento vertiginoso degli impegni reali all’estero che Yves è decollato ed è diventato sicuramente uno dei più apprezzati testimoni sul campo. Primo giornalista catturato a Bassora, quelli delle testate importanti furono presi dagli iracheni il giorno successivo, aveva coperto l’avanzata della Divisione Daguet guidando la sua auto presa a nolo fra i VAB e gli AMX-10RC e provocando non pochi mal di testa al Generale Roquejoffre.

Nella sua macchina uno o due cartoni di birra non mancavano mai, ed era sempre pronto a condividerli con gli altri. Rispettava molto gli ufficiali generali e gli ufficiali superiori, presenti in massa alle sue esequie, ma sono certo che ha apprezzato soprattutto la presenza di un paio di sottufficiali della Legione Straniera, sua seconda famiglia visto il tempo trascorso nei vari reggimenti in Francia e in missione, e sulla quale ha scritto articoli e libri ad oltranza. Lavorare al suo fianco in un reparto francese significava trascorrere gran parte del tempo con soldati, sottufficiali e ufficiali subalterni, quelli nei quali si riconosceva e che in molti casi erano i suoi lettori più accaniti.

Dar vita a una rivista nel 2005, con i bilanci della difesa in calo e i budget pubblicitari delle aziende di difesa altrettanto, era un rischio consistente. Yves lo ha affrontato con il solito sorriso e l’abituale incoscienza, trovando per strada pochi anni dopo un magnate che lo ha aiutato a superare un momento particolarmente critico. Dopo avergli dato una mano spontanea inizialmente, da quando ho iniziato una collaborazione fissa con lui innumerevoli sono state le e-mail nelle quali si scusava di non potermi pagare subito, seguite un mese dopo da messaggi intitolati “buone notizie”. Se tutti gli editori con i quali ho lavorato nella mia vita professionale si fossero comportati così.  D’altro canto da uno che rischiava la pelle a ogni servizio e che prima di essere editore era stato anche lui free-lance non ci i poteva aspettare altro, data anche la coerenza di Yves.

Probabilmente è morto come avrebbe voluto, e i funerali, tenutisi a Parigi il 4 febbraio lo hanno dimostrato. Presenti il Ministro della Cultura, Aurélie Filippetti, il Governatore Militare di Parigi, il Capo dell’Ufficio Stampa della Difesa, numerosi alti ufficiali, tantissimi colleghi che avevano lavorato con lui e molti amici. Coerente fino in fondo anche se tutti noi avremmo preferito che rinviasse questo appuntamento…. e magari che lo evitasse proprio. Come probabilmente avrebbe voluto, terminata la cerimonia gran parte degli amici si è ritrovata nel suo bistrot preferito e ha levato i boccali alla sua salute. A chi lo ha incontrato sovente nei punti caldi del pianeta il suo sorriso e i suoi modi guasconi mancheranno di certo. Ciao Yves.

Paolo Valpolini

Fonte: Analisi Difesa

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