Terroristi in Turchia, Eroi in Iraq

È uno degli attacchi terroristici più sanguinosi compiuti dai guerriglieri curdo-turchi del Pkk: forse il più sanguinoso degli ultimi vent’ anni. Aggrediti e uccisi, dopo una furibonda battaglia durata tutta la notte, 24 soldati turchi che si trovavano nelle loro postazioni al confine con l’ Iraq.

Un attacco che ha fatto realmente schiumare di rabbia un uomo solitamente pacato, come il presidente della Repubblica Abdullah Gul. Annunciare una «vendetta immensa, infinitamente più grande delle ferite che i terroristi hanno procurato alla Turchia» è qualcosa di più di una dichiarazione di guerra.

Pare cancellare gli sforzi per risolvere questo storico e pesantissimo contenzioso. Gli aerei e i mezzi corazzati di Ankara hanno già attraversato il confine per iniziare la missione punitiva. E ancora una volta affiora la contraddizione che molti (troppi) si sono rifiutati di riconoscere.

I guerriglieri armati del Pkk, infatti, si nascondono sulle montagne, in territorio iracheno, godendo del sostegno logistico del loro fratelli locali, e da queste basi partono per rientrare in Turchia e colpire. È difficile, anzi è stridente pensare ad una montagna che divide curdi buoni (quelli del riformato Iraq) da quelli cattivi (i turchi).

In sostanza da una parte della montagna ci sono quelli che la Turchia, gli Stati Uniti e l’ Unione Europea considerano terroristi; dall’ altra ci sono invece coloro che hanno lottato per ottenere la caduta di Saddam Hussein, e quindi sono considerati dall’ Occidente combattenti per la libertà. Combattenti che, essendo tra i vincitori della guerra irachena, oggi si trovano al vertice del potere istituzionale.

Anche questa ambiguità è fra le cause della recrudescenza del conflitto. C’ è chi teme che l’ irredentismo possa creare un’ alleanza tra i curdi di quattro Paesi: appunto Turchia, Iraq, Iran e Siria. Un incubo che Ankara vuole sconfiggere, anzi annientare.

C’ è davvero il rischio che la strage di ieri possa diventare il prologo all’ escalation . Con il governo di Erdogan che, dopo aver ottenuto la riduzione del potere dei militari, oggi è schierato totalmente al loro fianco.

Antonio Ferrari, 20 ottobre 2011

Fonte: corriere.it

 

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