Dal 3 al 14 ottobre ho avuto il privilegio di far parte del gruppo che ha partecipato all’ottavo “Corso per giornalisti destinati ad operare in aree di crisi” organizzato dall’Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) e dal Ministero della Difesa.. «Una scelta che qualifica il giornalismo italiano: persone che nonostante la tessera da professionisti chiedono di essere formate su tematiche che fanno rumore solo in occasione di eventi luttuosi», queste le parole del Presidente dell’Fnsi Roberto Natale che ha introdotto il corso.

Il criterio di selezione si basava sulle pari opportunità, la rappresentanza regionale e il curriculum. L’esperienza nelle zone di guerra non era richiesta, così accanto a esperti del settore si sono trovati giornalisti che hanno sempre lavorato in situazioni tranquille e che non hanno potuto far altro che attingere, oltre che dai relatori, anche dai colleghi.

“Perchè partecipare a un corso se si svolge già questo mestiere? “ La risposta è stata unanime, “perchè quando si presenta un’occasione di formazione bisogna sfruttarla”. E’ sicuramente a loro che Roberto Natale rivolgeva il suo discorso.

L’inviato di guerra è un mestiere dal fascino evocativo in cui la preparazione può fare la differenza, ed era proprio questo l’obiettivo del corso. Un’esperienza formativa ed entusiasmante che ha avuto caratteristiche uniche, a partire dalla sede in cui si sono svolte le lezioni frontali, il Coi di Roma, Comando Operativo di Vertice Interforze, centro nevralgico delle Forze Armate: il luogo in cui vengono definite le strategie militari.

Gli argomenti trattati in aula spaziavano da nozioni generali sulle attuali missioni in Kosovo, Libano e Afghanistan (definiti teatri operativi), l’intelligence, il diritto bellico, la struttura dello Stato Maggiore della Difesa (difficile districarsi tra decine di acronimi), ma anche informazioni più pratiche legate a regole di sopravvivenza, al primo soccorso e alle vaccinazioni necessarie per gli scenari di crisi (non solo guerre ma anche calamità naturali).

Durante le lezioni abbiamo avuto la possibilità di sfogare la nostra comprensibile voglia di sapere in merito ad eventi saliti alla ribalta delle cronache nazionali con chi li ha vissuti in prima persona. Basti pensare alla strage di Nassirya, ai sequestri Sgrena, Quattrocchi o all’omicidio Cutuli.

 

La parte più avvincente è stata quella pratica fatta di esercitazioni con le quattro Forze Armate. La prima è stata a Taranto con la Marina Militare. A bordo del cacciatorpediniere Mimbelli abbiamo assistito alla simulazione di un attacco navale e aereo. La passione per il lavoro che riescono a trasmettere i marinai non ha confini, al nostro arrivo a Taranto siamo stati accompagnati in una visita notturna alla portaerei Cavour illustrata con dovizia di dettagli nonostante fossero le due di notte.

Da Taranto ci siamo spostati a Livorno presso il Col Moschin, il Nono Reggimento paracadusti della Folgore, e poi a San Piero a Grado in provincia di Pisa, per l’esercitazione con i Carabinieri del Tuscania e la relazione del GIS, il Gruppo di Intervento Specializzato dell’Arma. Gli addestramenti consistevano nelle simulazioni delle situazioni peggiori che possano capitare a dei reporter in uno scenario di guerra, come un’imboscata: siamo stati sequestrati dai terroristi, interrogati per ore, sottoposti a pressioni psicologiche e fisiche (secchiate d’acqua) e infine liberati.

Siamo stati preparati ad affrontare check point regolari e irregolari e ad avere un’idea di come muoverci tra gli spari dei cecchini. Personalmente mi è capitato di essere incappucciata, legata mani e piedi e rinchiusa nel bagagliaio di un’auto. Il comprensibile terrore che assalirebbe chiunque nella realtà, in questo tipo di addestramenti è sostituito dall’adrenalina di una sfida che si può fermare in qualsiasi momento.

Le esercitazioni sono state messe in pratica con enorme professionalità da uomini superspecializzati che per entrare in queste formazioni affrontano selezioni e addestramenti durissimi, persone che sacrificano la propria identità e la vita sociale per compiere operazioni difficili anche solo da immaginare, un mestiere in cui l’estremo diventa la normalità. Uomini che non si incontrato ogni giorno e che ho apprezzato per la dedizione al mestiere che hanno scelto.

 

L’ultimo giorno è stato riservato al volo tattico a bordo di un C-130 con l’equipaggio della 46esima Brigata dell’Aeronautica di Pisa. Indossati giubbino antiproiettile ed elmetto abbiamo affrontato un viaggio scomodo, rumorosissimo e movimentato (siamo stati male in parecchi) ma anche molto affascinante per la bassa quota e il panorama ammirabile dal portellone aperto.

Al di là di lezioni ed esercitazioni, in questa esperienza una nota particolare la merita il gruppo che si è creato, fatto di persone di età diverse, con radici e vissuti differenti che, accomunato dalla passione per lo stesso lavoro, ha saputo amalgarmarsi alla perfezione. La sinergia tra di noi ha alleviato il peso delle levatacce, dei pasti frugali, delle notti in tenda, e di tutte quelle scomodità alle quali noi giornalisti, diciamocelo, non siamo abituati. Infine una sottolineatura speciale va agli ufficiali che ci hanno accompagnati, seguire per due settimane le esigenze e le intemperanze di 25 giornalisti per dei militari deve essere stata davvero una “missione”.

Nicoletta Marenghi, 29 ottobre 2011

Fonte: Liberta On Line


Un’esperienza totale, dal volo su un C-130 al ponte del cacciatorpediniere Mimbelli

Preparati ad affrontare check point regolari e irregolari e a muoverci tra gli spari.

 

Sono cinque i reparti in cui si sono svolte le esercitazioni dell’ “Ottavo corso per giornalisti inviati in aree di crisi”. Le informazioni sono quelle ufficiali tratte dal sito del Ministero della Difesa. I dettagli riguardano il Coi (Comando Operativo Interforze), il cacciatorpediniere Mimbelli, il 9º Reggimento d’assalto paracadutisti incursori “Col Moschin”, il 1° Reggimento Carabinieri Paracadustisti “Tuscania” e la 46esima Brigata Aerea “Silvio Angelucci”.

COI – Comando Operativo di Vertice Interforze
Il COI è il Comando del Capo di Stato Maggiore della Difesa attraverso il quale egli pianifica, predispone e dirige le Operazioni nonchè l’esercitazione interforze e multinazionale e l’attività connessa. Sviluppa le metodologie per la simulazione degli scenari strategici ed operativi, analizza le attività traendone ammaestramenti ed elaborando correttivi. Il COI concorre alla Pianificazione Generale della Difesa, sviluppa la dottrina operativa, effettua la pianificazione operativa e dirige le operazioni ed esercitazioni interforze. Fornisce il contributo all’elaborazione della dottrina NATO e di altre Organizzazioni Internazionali. La struttura del COI, è comandata da un Flag Officer a tre stelle, comprende un Vice Comandante ed è articolata su di uno Stato Maggiore, retto da un Flag Officer a due stelle, e tre Reparti con ciascuno a capo un Flag Officer ad una stella.
Il Comandante del COI è il Generale di Corpo d’Armata Giorgio Cornacchione.

Nave Mimbelli D561
Il cacciatorpediniere lanciamissili della Marina Militare Francesco Mimbelli D561 è un’unità multiruolo per la caccia aerea, subacquea e di superficie. Lo scafo è a ponte continuo con due blocchi di sovrastrutture che inglobano i due fumaiuoli, con la zona poppiera occupata per una lunghezza di circa 25 metri dal ponte di volo e per una lunghezza di 18m dall’hangar che può accogliere due elicotteri. La nave porta il nome di Francesco Mimbelli, Medaglia d’Oro al Valor Militare della seconda guerra mondiale. La costruzione dell’unità, iniziata nel 1989, è avvenuta nelCantiere navale di Riva Trigoso; la nave è stata varata il 13 aprile 1991 ed è stata consegnata alla Marina Militare il 18 ottobre 1993. L’unità ha come gemella la nave Durand de la Penne. Le due unità erano state varate con i nomi Animoso e Ardimentoso, riprendendo i nomi di due torpediniere della Classe Ciclonedella Regia Marina, usate nella seconda guerra mondiale. Con la morte di Durand de la Penne, avvenuta durante la fase dell’allestimento, venne invece deciso di intitolare le unità a questi due valorosi ammiragli.

9º Reggimento d’assalto paracadutisti incursori “Col Moschin”
Comunemente chiamato “il nono”, è l’unico reparto di Forze Speciali dell’Esercito Italiano abilitato ad operazioni non convenzionali (speciali) in territorio nemico ed è tra i più elitari al mondo. La storia del Reggimento inizia nella Grande Guerra con le unità di Arditi, tra cui il IX Reparto d’Assalto, utilizzate per sfondare le difese nemiche a premessa degli attacchi delle fanterie.
Gli Arditi si imposero all’attenzione generale, guadagnandosi una fama terribile per la violenza delle loro azioni che si concludevano con lanci di bombe a mano ed all’arma bianca nelle trincee nemiche. Il IX Reparto, in particolare, si distinse sul monte Grappa, dove fu protagonista della riconquista di alcune posizioni austriache sul Col Moschin, sul Col della Berretta e sull’Asolone. Gli Incursori sanno muovere e combattere in tutti gli scenari operativi, dall’alta montagna all’ambiente subacqueo e anfibio, a seguito di aviolanci da alta quota o per infiltrazione a piccoli nuclei e sono particolarmente addestrati ad operare in contesti caratterizzati da elevata autonomia operativa ed a grande distanza dalle linee amiche. Il reggimento è di stanza a Livorno. Il 9° Col Moschin fa parte delle unità Forze Speciali Italiane sotto il comando del CO. F. S. (Comando Interforze per le operazioni delle Forze Speciali Italiane).

1° Reggimento Carabinieri Paracadustisti “Tuscania”
Il 1° Reggimento Carabinieri Paracadustisti “Tuscania” dipende dalla 2^ Brigata Mobile ed ha un organico di circa 500 uomini nei vari gradi. La sede è a Livorno. Il Reparto, fino al 15 marzo 2002 era alle dipendenzedella Brigata Paracadutisti “Folgore” dell’Esercito. I compiti sono essenzialmente di 3 tipi: militari (tipici delle truppe paracadutiste); di polizia e addestrativi Gli aspiranti al Reggimento vengono preventivamente sottoposti ad una selezione psicofisica, finalizzata ad accertare la loro attitudine al particolare impiego, e successivamente ammessi alla frequenza di un corso formativo della durata di circa nove mesi Il “Tuscania” ha partecipato a tutte le piu’ importanti missioni “fuori area” in cui sono state impegnate le Forze Armate italiane. Nel corso degli anni, al Reggimento e’ stata anche affidata la sicurezza delle Sedi Diplomatiche nazionali all’estero nelle aree e nei periodi di maggior “rischio” come Libano, Somalia e Afghanistan. Molto frequenti sono stati gli impieghi sul territorio nazionale nelle aree che, per caratteristiche morfologiche e sociocriminali, risultano difficilmente controllabili dalle Forze di Polizia territoriali; numerose le operazioni antisequestro, anticontrabbando e anticrimine.

46esima Brigata Aerea “Silvio Angelucci”
Trae origine dal 46° Stormo bombardamento Terrestre, costituito sull’aeroporto “Arturo dall’Oro” di Pisa il 15 febbraio 1940 sui gruppi 104° e 105°, entrambi su S. 79. Trasformatosi in reparto aerosiluranti, lo Stormo viene attivamente impegnato durante il secondo conflitto mondiale. Nel dopoguerra, lo Stormo Trasporti dà vita al 46o Stormo, ricostituito a Pisa nel 1949. Con l’arrivo dei C-119, i celebri “Vagoni volanti”, lo Stormo si trasforma in 46a Aerobrigata Trasporti Medi. Gli avvenimenti successivi portano gli equipaggi della 46a sulle rotte di tutto il mondo. Spesso gli uomini e i velivoli della Brigata sono stati i primi e gli unici ambasciatori della Nazione, sia quando è stato necessario provvedere al trasporto di aiuti a popolazioni colpite da calamità naturali, sia quando si è dovuto procedere alla tempestiva evacuazione di nostri connazionali dai territori sconvolti da guerre civili. Altro importante contributo è stato quello fornito, a partire dal 1978, alla lotta agli incendi boschivi. I velivoli impiegati sono il C-130J, in linea con il 2° e il 50° Gruppo (che impiega ancora qualche C-130H) e il G. 222 (98° Gruppo) utilizzati per il trasporto tattico e strategico, l’aviolancio di uomini e materiale.


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