”I giornali si continueranno lo stesso a leggere anche in tempi in cui internet sembra avere la meglio. Il futuro del giornalismo non e’ solo internet. La penso esattamente come Montanelli: la carta stampata dopo aver resistito alla nascita della radio e della televisione, resistera’ anche al web, diventando pero’ una carta stampata di nicchia, perche’ gli uomini colti leggeranno sempre sia i libri che i giornali”.

Lo afferma in un’intervista a ‘Calabria on web’, il magazine del Consiglio regionale della Calabria, il giornalista Franco Abruzzo, che a colloquio con Elisabetta Ranieri parla di crisi della stampa e del cambiamento in atto che, ad avviso di Abruzzo, e’ in itinere e che puo’ cosi’ sintetizzarsi.

”L’approfondimento sui quotidiani e l’attualita’ sul web – spiega Abruzzo – si sta profilando un accordo tra grandi testate quali il Corriere della Sera, il Sole 24 ore, il Messaggero, la Stampa, Repubblica, e ci sara’ una svolta epocale nel settore. L’accordo di cui parla prevede la chiusura dei giornali alle 22.30 e questo va letto come un segnale di grande trasformazione perche’ vuol dire che i quotidiani non seguiranno piu’ l’attualita’ a tutto campo. Pensare che questa manovra sia solo frutto di un risparmio e’ una lettura miope e riduttiva, perche’ e’ vero che chiudendo a quell’ora non si paghera’ piu’ l’indennita’ notturna, ma e’ anche vero che si perdera’ tutta una fetta di informazione che trovera’ spazio esclusivamente sulla rete, sui canali televisivi e sulle radio”.

”Giornali? – aggiunge – diventeranno quotidiani di analisi. Si trasformeranno in testate di approfondimento che andranno al di la’ del fatto e che torneranno a scavare nei retroscena raccontandoci come sta cambiando il mondo”.

”I tempi oggi sono difficili per il mondo del giornalismo, sono il primo a scoraggiare chi vuole intraprendere il mestiere adesso. Quando sono arrivato a Milano – ricorda – il Paese stava ripartendo, c’era una trasformazione epocale. I giornali stavano passando dalle 12 alle 20-30 pagine. Avevamo la speranza di poter fare questo lavoro con serieta’ e passione e ci siamo riusciti, mentre oggi quella speranza non c’e’ e questo mi rende cupo”.

Ma ecco un filo d’ottimismo: ”Da qui ai prossimi tre anni ci sara’ una via d’uscita dalla crisi. Io ho speranza che gia’ nella seconda meta’ del 2013 ci sara’ una qualche ripresa”. La sua visione di rinascita e’ milanocentrica: ”Se Milano riparte riparte il Paese”.

Fonte: ASCA, 27 dicembre 2012

 

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