Il discorso di Joe Biden a Colleville-sur-mer, di fronte a Omaha Beach, in occasione degli 80 anni dal D-Day

L’ora era quasi giunta. Lunedì, 5 giugno 1944.

Il male del Terzo Reich stava devastando il mondo. La Germania nazista aveva soggiogato le nazioni un tempo libere dell’Europa attraverso la forza bruta, le bugie e un’ideologia contorta di superiorità razziale. Milioni di ebrei furono assassinati durante l’Olocausto. Milioni di altre persone uccise da bombe, proiettili e guerre sanguinose. Hitler e i suoi alleati pensavano che le democrazie fossero deboli, che il futuro appartenesse ai dittatori.

Qui, sulla costa della Normandia, la battaglia tra la libertà e la tirannia sarebbe iniziata. Qui, quella mattina di giugno, il momento della verità era giunto.

Presidente Macron, Signora Macron, Segretario Austin, Segretario Blinken, illustri ospiti. E soprattutto i nostri veterani onorati, che hanno affrontato quella prova epocale 80 anni fa. A nome del popolo americano e come Comandante in capo, è il più grande onore poter salutarvi qui in Normandia ancora una volta. Dio vi benedica.

Winston Churchill definì ciò che accadde qui, cito, “la più grande e complicata operazione di sempre”. Dopo anni di pianificazione, l’Operazione Overlord era pronta a partire non appena il tempo fosse migliorato. Affacciato sul canale della Manica agitato, il Comandante Supremo degli Alleati, Dwight D. Eisenhower, attendeva. La più grande forza mai vista, costruita da 12 nazioni — uomini, armi, aerei, navi di ogni descrizione — attendevano. Li aspettavano il mondo prigioniero e quello libero.

Finalmente, i meteorologi di Eisenhower dissero che c’era una finestra di bel tempo. Si sarebbe aperta brevemente martedì 6 giugno. Il generale valutò le opzioni e diede l’ordine: all’alba, gli Alleati avrebbero colpito. La “Grande Crociata” per liberare l’Europa dalla tirannia sarebbe iniziata.

Quella notte, il generale Eisenhower si recò nella città inglese di Newbury per visitare i paracadutisti della 101ª Divisione Aviotrasportata. Erano uomini provenienti da tutta l’America. Si stimava che l’80% di loro sarebbe stato ucciso entro poche ore. Questa era la stima. Ma erano coraggiosi, risoluti e pronti. Un soldato disse al generale Eisenhower, cito: “Non si preoccupi, signore. La 101ª è al lavoro. Ci occuperemo noi di tutto”. Questo è ciò che disse.

E grazie al loro coraggio e alla loro determinazione, grazie al coraggio e alla determinazione dei loro alleati, tutto fu fatto. Dal mare e dal cielo, quasi 160.000 soldati alleati si riversarono in Normandia. Molti, per ovvie ragioni, non tornarono mai a casa. Molti sopravvissero a quel “giorno più lungo”, continuando a combattere per mesi fino a quando la vittoria fu finalmente ottenuta. E alcuni, un nobile gruppo di fratelli, sono qui con noi oggi.

Kenneth Blaine Smith è qui. Quel giorno, sotto il fuoco dell’artiglieria pesante, manovrò un radar sulla prima nave americana ad arrivare vicina alla costa della Normandia, fornendo supporto diretto di artiglieria per i Rangers che scalavano le scogliere di Pointe du Hoc nella loro audace missione di distruggere le batterie tedesche.

Bob Gibson è qui. Sbarcò sulla spiaggia di Utah circa 10 ore dopo l’inizio dell’invasione. I proiettili volavano ovunque. Traccianti illuminavano il cielo. Bob guidava un tank M4 con una mitragliatrice antiaerea montata sopra, fornendo protezione alla fanteria contro l’aviazione tedesca. Quel giorno e per molti giorni dopo, continuò a farlo.

Ben Miller è qui. Un medico della ’82ª Divisione Aviotrasportata. Alle 3:00 del mattino del 6 giugno, lui e altri 13 medici volarono sopra il Canale su un fragile aliante. Le sue ali furono strappate via da enormi pali che i tedeschi avevano piantato a metà nel terreno per impedirne l’atterraggio. Si schiantarono, ma sopravvissero. E compirono il loro dovere: trascinare i soldati feriti in salvo, curare le ferite, salvare vite mentre la battaglia infuriava.

Ogni soldato che sbarcò sulla spiaggia, che scese in paracadute o atterrò con un aliante; ogni marinaio che manovrò le migliaia di navi e mezzi da sbarco; ogni aviatore che distrusse i campi d’aviazione, i ponti e le ferrovie controllati dai tedeschi — tutti — tutti furono sostenuti da altri coraggiosi americani, compresi centinaia di migliaia di uomini e donne di colore che servirono coraggiosamente nonostante le ingiuste limitazioni su ciò che potevano fare per la loro nazione.

Louis Brown è qui. Faceva parte del “Red Ball Express”, un convoglio di camion composto principalmente da conducenti afroamericani. Sbarcarono in Normandia all’indomani del D-Day. Trasportarono rapidamente i rifornimenti alle linee del fronte in rapida avanzata.

Woody Woodhouse è qui. Membro dei leggendari Tuskegee Airmen, che volarono in oltre 15.000 sortite durante la guerra.

Marjorie Stone è qui. Si arruolò nel ramo femminile della Riserva Navale, divenne meccanica di aerei, trascorse la guerra mantenendo in volo aerei e piloti americani.

La loro è sempre stata la storia dell’America. Basta camminare tra le file di questo cimitero, come ho fatto io. Quasi 10.000 eroi sepolti fianco a fianco, ufficiali e soldati semplici, immigrati e nativi. Razze diverse, fedi diverse, ma tutti americani. Tutti servirono con onore quando l’America e il mondo ne avevano più bisogno. Milioni di persone a casa fecero la loro parte. Da costa a costa, gli americani trovarono modi innumerevoli per contribuire. Capirono che la nostra democrazia è forte solo quando tutti noi la rendiamo insieme tale.

Gli uomini che combatterono qui diventarono eroi non perché fossero i più forti o i più duri o i più feroci — sebbene lo fossero — ma perché avevano davanti una missione audace sapendo — ognuno di loro lo sapeva – che la probabilità di morire era reale. Ma lo fecero comunque. Sapevano, senza alcun dubbio, che ci sono cose per cui vale la pena combattere e morire. La libertà vale la pena. La democrazia vale la pena. L’America vale la pena. Il mondo vale la pena, allora, ora e sempre.

La guerra in Europa non finì per altri 11 mesi. Ma in questi posti la marea si girò a nostro favore. Qui dimostrammo che le forze della libertà sono più forti delle forze della conquista. Qui dimostrammo che gli ideali della nostra democrazia sono più forti di qualsiasi esercito o combinazione di eserciti del mondo intero. Qui dimostrammo anche qualcos’altro: l’unità indissolubile degli Alleati.

Qui con noi ci sono uomini che servirono al fianco degli americani quel giorno, imbracciando bandiere diverse ma combattendo con lo stesso coraggio, per lo stesso scopo.

Quello che gli Alleati fecero insieme 80 anni fa superò di gran lunga qualsiasi cosa avremmo potuto fare da soli. Fu una potente illustrazione di come le alleanze — le vere alleanze — ci rendano più forti — una lezione noi americani non dimenticheremo mai. Insieme vincemmo la guerra. Ricostruimmo l’Europa, includendo i nostri ex nemici. Fu un investimento in quello che divenne un futuro condiviso e prospero.

Fondammo la Nato, la più grande alleanza militare della storia del mondo. E col tempo abbiamo portato più nazioni nella Nato, inclusi i membri più recenti: Finlandia e Svezia. Oggi, la Nato conta 32 paesii. E la Nato è più unita che mai e ancora più preparata a mantenere la pace, scoraggiare le aggressioni, difendere la libertà in tutto il mondo.

L’America ha investito nelle nostre alleanze e ne ha forgiate di nuove, non semplicemente per altruismo ma anche per il nostro stesso interesse. La capacità unica dell’America di riunire i paesi è una fonte innegabile della nostra forza e del nostro potere. L’isolazionismo non era la risposta 80 anni fa e non lo è oggi.

Conosciamo le forze oscure contro cui questi eroi combatterono 80 anni fa. Non svaniscono mai. L’aggressione e la cupidigia, il desiderio di dominare e controllare, di cambiare i confini con la forza, sono perenni. E la lotta tra la dittatura e la libertà è infinita. Qui, in Europa, ne vediamo un esempio chiaro. L’Ucraina è stata invasa da un tiranno deciso a dominare. Gli ucraini stanno combattendo con straordinario coraggio, subendo grandi perdite, ma senza mai retrocedere.

Hanno inflitto agli aggressori russi perdite tremende. I numeri sono sbalorditivi: 350.000 soldati russi morti o feriti. Quasi 1 milione di persone ha lasciato la Russia perché non vede più un futuro in quel paese. Gli Stati Uniti, la Nato e una coalizione di oltre 50 paesi stanno sostenendo con forza l’Ucraina. Non ci ritireremo  perché se lo facciamo, l’Ucraina sarà soggiogata. E non finirà lì. I vicini dell’Ucraina saranno minacciati. Tutta l’Europa sarà minacciata.

E non c’è dubbio che gli autocrati del mondo stanno osservando attentamente cosa accade in Ucraina, per vedere se permettiamo che questa aggressione illegale resti impunita. Non possiamo permettere che accada. Arrendersi ai prepotenti, inchinarsi ai dittatori è semplicemente impensabile. Se lo facessimo, significherebbe dimenticare cosa accadde qui su queste spiagge sacre.

Noi non ci inchineremo. Noi non dimenticheremo.

Permettetemi di concludere con questo. La storia ci dice che la libertà non è gratuita. Se volete conoscere il prezzo della libertà, venite qui in Normandia. Venite in Normandia e guardate. Andate negli altri cimiteri in Europa dove riposano i nostri eroi caduti. O a casa nostra nel cimitero di Arlington. Domani renderò omaggio a Pointe du Hoc. Andate anche lì e ricordate: il prezzo della tirannia incontrollata è il sangue dei giovani e dei coraggiosi.

Nella loro generazione, nella loro ora della prova, le forze alleate del D-Day fecero il loro dovere. Ora la domanda per noi è: nell’ora in cui noi siamo messi alla prova, faremo il nostro?

Stiamo vivendo in un momento in cui la democrazia è più a rischio in tutto il mondo di quanto non lo sia stata in qualsiasi momento dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, da quando queste spiagge furono prese d’assalto nel 1944.

Ora, dobbiamo chiederci: Ci opporremo alla tirannia, al male, alla brutalità schiacciante del pugno di ferro? Difenderemo la libertà? Difenderemo la democrazia? Staremo insieme? La mia risposta è sì. E può essere solo sì.

Non siamo lontani dal momento in cui le ultime voci viventi di coloro che combatterono e sanguinarono il D-Day non saranno più con noi. Quindi abbiamo un obbligo speciale. Non possiamo permettere che ciò che accadde qui si perda nel silenzio degli anni a venire. Dobbiamo ricordarlo, onorarlo e viverlo. E dobbiamo ricordare: il fatto che loro quel giorno siano stati degli eroi non ci assolve da ciò che noi dobbiamo fare oggi. La democrazia non è mai garantita. Ogni generazione deve preservarla, difenderla e lottare per essa. Questo è il test dei nostri tempi.

In memoria di coloro che combatterono qui, morirono qui, salvarono letteralmente il mondo qui, dobbiamo essere degni del loro sacrificio. Dobbiamo essere la generazione che, quando la storia sarà scritta sul nostro tempo — tra 10, 20, 30, 50, 80 anni da ora — si dirà: quando il momento infine giunse, loro saperono affrontarlo. Rimasero forti. Le loro alleanze si rafforzarono. E salvarono la democrazia anche nel loro tempo.

Grazie mille. E che Dio vi benedica tutti. E che Dio protegga le nostre truppe.

Joe Biden

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