di Antonio Bettelli

Era il 27 maggio 2011, in Libano, a Sidone, e il caporal maggiore Giovanni Memoli si trovava alla guida di un automezzo dell’Esercito Italiano con le insegne bianche e azzurre di neutralità delle Nazioni Unite.

Il suo servizio prevedeva, insieme ai commilitoni dell’unità logistica del contingente italiano schierato nel sud del Paese, operante nel quadro della missione Unifil, l’espletamento delle attività di rifornimento tra la base di Shama, sede del quartier generale del Sector West a guida italiana, e il porto della capitale Beirut.

L’ordigno se ne stava lì, collocato proditoriamente da mano ignota e omicida all’ingresso nord della città libanese. Nel disordine dei campi profughi del sud fu probabilmente molto facile trovare mano d’opera disposta a compiere quel gesto, oppure vi furono emissari pilotati da qualche agente esterno giunti nel Paese con il loro progetto di morte. Difficile anche solo capire in un Paese che ha attraversato e attraversa tuttora fasi e momenti di grave crisi geopolitica, sociale ed economica.

Fatto sta che nelle prime ore pomeridiane di quel cupo venerdì di maggio, l’esplosione deflagrò improvvisa e offese quel baluardo di libertà nella martoriata Terra dei Cedri. Offese Giovanni e i suoi colleghi.

Per Giovanni Memoli, da quel momento, incominciò un lungo calvario contro la morte e contro la sorte. Sostenuto dalla mamma Maddalena, dal papà Nicola e dalla giovane sorella Marianna, Giovanni ha affrontato e affronta tutt’oggi numerosissime prove di silenzioso coraggio quotidiano, tra ospedali e luoghi di cura.

Oggi, Giovanni, già primo maresciallo del ruolo d’onore dell’Esercito, in servizio presso il reggimento logistico della Brigata Pinerolo a Bari, è stato promosso ufficiale con il grado di sottotenente. So quanto questo traguardo sia per lui importante, e per raggiungerlo a molto è servita la sua resilienza nel saper attendere l’adeguamento delle norme, cadute per un banale cavillo giuridico in una sorte di impasse. A molto ha giovato anche l’opera dei dirigenti e dei funzionari della Direzione generale per il personale militare che hanno mosso la macchina burocratica e reso possibile questo dovuto, giusto e agognato atto di riconoscimento.

Giovanni Memoli, da vedente nell’anima, è un esempio mirabile di tenacia e di coraggio. È un patrimonio per l’Esercito e per le Forze armate italiane, ed è un modello per la società e per i giovani.

Nonostante la rabbia per l’ingiustizia subita, che talora affiora dal suo animo, so che Giovanni persevererà nella sua opera umana e di servizio con accresciuto sentimento di profondo legame con le istituzioni, continuando a essere un riferimento rappresentativo delle più alte virtù umane. Bravo Giovanni!

(La pubblicazione della foto è stata autorizzata da Giovanni Memoli)

 Il generale di corpo d’armata (ris) Antonio Bettelli il 27 maggio 2011 era colonnello addetto per la Difesa presso l’ambasciata d’Italia a Beirut e fu tra i primi a intervenire sul luogo dell’attentato.

 

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