Un rapporto confidenziale del governo americano sulla guerra in Afghanistan rivela che Washington avrebbe offerto per anni un quadro roseo, ma del tutto fasullo, su risultati dell’intervento militare iniziato 18 anni fa. A scriverlo è il Washington Post, che ha visionato i documenti, fra cui compaiono duemila pagine di interviste di protagonisti del conflitto. Interviste che fanno aleggiare sull’intero intervento militare lo spettro del Vietnam.

“Eravamo privi di una fondamentale comprensione dell’Afghanistan, non sapevamo cosa stavamo facendo”, ha ammesso in una delle interviste nel 2015 Douglas Lute, il generale a tre stelle che è stato lo ‘zar della guerra in Afghanistan’ durante le amministrazioni Bush e Obama. Da parte sua un consigliere militare descrive sforzi deliberati per ingannare l’opinione pubblica sui risultati ottenuti. “Ogni dato veniva alterato per presentare il miglior quadro possibile. I sondaggi erano per esempio completamente inaffidabili, ma rafforzavano l’idea che tutto quello che facevamo era giusto”, ha raccontato il colonnello Bob Crowley, uno dei consiglieri dei vertici militari americani in Afghanistan nel 2013-2014.

Le interviste, delle quali in molti casi non sono stati resi pubblici i nomi, sono contenute in un rapporto del Sigar, l’Ufficio dell’ispettorato generale per la ricostruzione in Afghanistan, creato dal Congresso americano nel 2008. Possiamo dire che “si è sempre mentito al popolo americano” sulla guerra in Afghanistan ha detto al Washington Post il capo del Sigar, John Sopko. Le interviste sono state effettuate nell’ambito del progetto “Learning Lessons” condotto del suo ufficio con l’intenzione di trarre lezioni dal fallimento delle politiche adottate in Afghanistan. Sono state ascoltate oltre 600 persone con esperienze dirette del conflitto, la maggior parte americani. Ma gli analisti del Sigar hanno parlato anche con alleati della Nato a Bruxelles, Londra e Berlino e sentito una ventina di funzionari afghani.

Fonte: AdnKronos con fonte Washington Post

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