di Carmelo Abisso

Nel salone d’onore del Circolo unificato dell’Esercito a Bologna si è tenuto il 26 febbraio un incontro sulla battaglia di Montelungo (7-16 dicembre 1943), organizzato dal Comando militare Esercito Emilia Romagna, in collaborazione con la sezione regionale Emilia Romagna “Cap. duplice movm Luigi Giorgi” dell’Associazione nazionale combattenti della Guerra di Liberazione inquadrati nei reparti regolari delle Forze armate e il Centro studi storico militari “Gen. G. Bernardini”.

Dopo il saluto del colonnello Fabrizio Ghiretti, comandante militare regionale, il generale Antonio Li Gobbi ha introdotto il tema e ha moderato la conversazione con Paolo Farinosi e Claudio Vigna, presidente e vice presidente dell’associazione 51° bersaglieri e curatori del libro “La battaglia di Montelungo” del reduce Ugo Furlani, nonché rispettivamente, figlio del bersagliere Auc Enrico, ferito gravemente l’8 dicembre 1943 a Montelungo e figlio del sergente bersagliere Antonio, combattente a Montelungo.

A Montelungo, al confine tra Campania e Lazio, in una nebbiosa, gelida e triste giornata di dicembre 1943 , circondati dalla diffidenza degli alleati, considerati vili traditori dai nemici saldamente arroccati in quota su posizioni difficilmente espugnabili, mandati allo sbaraglio da un governo che voleva risultati “subito”, male armati ed equipaggiati, i fanti del 67° reggimento fanteria “Legnano” e gli allievi ufficiali del 51° battaglione bersaglieri Auc, vollero dimostrare che i soldati di un Esercito troppe volte sconfitto sul campo erano però ancora non domati nello spirito e vollero conquistare al soldato d’Italia il diritto di combattere a fianco degli alleati per la liberazione del proprio Paese .

Fu l’inizio della cobelligeranza – ha ricordato Li Gobbi – non facile, dura e amara fino alla Liberazione. Il contributo di sangue di quei soldati e di coloro che poi li seguirono ha fatto sì che gli italiani si fossero liberati e non che venissero liberati solo in virtù dell’aiuto esterno. Il 10 agosto 1946, durante la conferenza di pace di Parigi di fronte ai rappresentanti dei 21 paesi qualificati come “vincitori” del conflitto, in merito al contributo italiano alla cobelligeranza, Alcide De Gasperi disse Delle Forze? Ma si tratta di tutta la marina da guerra, di centinaia di migliaia di militari per i servizi di retrovia, del «Corpo Italiano di Liberazione», trasformatosi poi nelle divisioni combattenti e «last but not least» dei partigiani, autori sopratutto dell’insurrezione del nord. Le perdite nella resistenza contro i tedeschi, prima e dopo la dichiarazione di guerra, furono di oltre 100 mila uomini tra morti e dispersi, senza contare i militari e civili vittime dei nazisti nei campi di concentramento ed i 50 mila patrioti caduti nella lotta partigiana.
Diciotto mesi durò questa seconda guerra, durante i quali i tedeschi indietreggiarono lentamente verso nord spogliando, devastando, distruggendo quello che gli aerei non avevano abbattuto.”

Come è nato il libro “La battaglia di Montelungo” ? “Nasce dal giorno della battaglia – ha detto Paolo Farinosi – un bersagliere, Ugo Furlani, perde i suoi quattro migliori amici e giura che avrebbe fatto di tutto perchè il loro sacrificio non fosse stato inutile. Reagisce ricercando diari, materiali e testimonianze. L’8 dicembre 2006 lo incontriamo a una riunione dei reduci di Montelungo. Curato dall’Associazione 51° battaglione bersaglieri Auc è stato pubblicato il libro, che descrive come sono accaduti i fatti ed è uno dei più completi e toccanti. Come nel caso del giovane sottotenente Giuseppe Cederle, inquadrato nel 67° reggimento fanteria, che cadde l’8 dicembre combattendo contro i tedeschi a quota 343 sulle balze del Montelungo. “Otteneva di essere inquadrato in prima linea al comando di un plotone – dice la motivazione della medaglia d’oro al valor militare, la prima dell’Italia liberata – che conduceva all’assalto contro i tedeschi sistemati in caverne in terreno difficilissimo, sotto micidiale tiro di mitragliatrici e bombe a mano.Colpito a morte, trovava ancora la forza di trarre di sotto la giubba una bandiera tricolore, che scagliava in un supremo gesto di sfida contro il nemico, additandola ai suoi soldati perché la portassero avanti”. Nel dopoguerra, in provincia di Caserta, proprio a Mignano Montelungo, hanno intitolato a Giuseppe Cederle una Scuola media. E’ stato il battesimo di sangue del rinato Esercito italiano.

Cosa è successo dal punto di vista storico ? Lo ha spiegato Claudio Vigna: “La parola chiave di cosa è accaduto l’8 settembre 1943 non è armistizio, ma resa incondizionata. L’Italia non aveva alcuna condizione. Il 51° battaglione bersaglieri Auc, già il 9 settembre, chiamato a soccorso dal generale Bellomo, venne impiegato per la liberazione del porto di Bari dai tedeschi. Ebbe cosi inizio una serie di operazioni che videro quei giovani allievi ufficiali accorrere nei paesi dell’entroterra barese ad ogni accenno di presenza di truppe tedesche. Grazie alla coesione e alla determinazione mostrata in terra pugliese, alla fine di novembre 1943 il battaglione fu chiamato in linea a Montelungo. Le condizioni erano di miseria assoluta. L’armamento era il moschetto modello 91, la divisa kaki africana, ma “dovevano pagare il biglietto di ingresso”. Il mortaio tedesco era l’arma più temuta dai combattenti la battaglia, terrore degli italiani che non ne avevano. Cosa lega Montelungo a Bologna ? I bersaglieri, filo conduttore dell’intero percorso della campagna di Liberazione, da Montelungo i bersaglieri sono arrivati a Bologna. Hanno fatto l’Italia da collina a collina, da gola a gola, come nella battaglia di Ancona. Oggi siamo qui a parlarne dopo 70 anni perchè la battaglia di Montelungo non è passata alla storia. Su questo oblio, il capitano Enea Castelli disse: “Esistono fugaci riferimenti, gesta ignote che tennero alto l’onore della Patria”. CCosbattaglione, tra le poche unità italiane rimaste unite e compatte, già il 9 settembre, chiamato a soccorso dal Gen. Bellomo, venne impiegato per la liberazione del porto di Bari, prontamente occupato da due autocolonne tedesche che avrebbero voluto distruggere il più importante scalo marittimo dell’Adriatico, prima dell’arrivo delle truppe inglesi.

Ebbe così inizio la serie di operazioni che videro quei giovani allievi ufficiali, allora ventenni, accorrere, in particolare con la 3a compagnia motociclisti, nei paesi dell’entroterra barese ad ogni accenno di presenza di truppe tedesche, che in quei giorni non erano più alleate, ma non ancora nemiche.

Il LI° Btg Bersaglieri seppe mantenere il controllo di buona parte della Regione fino all’arrivo degli alleati in risalita da Sud garantendo indirettamente la difesa del Re e del Governo rifugiati a Brindisi.

Grazie alla coesione ed alla determinazione mostrata in terra di Puglia, il LI° Btg. Bersaglieri con il 67° Rgt Fanteria “Legnano”, fu chiamato a costituire il nucleo combattente attorno al quale nacque il “Primo raggruppamento motorizzato”, unità contingentata per volere degli alleati a non più di 5000 uomini, che procurò al Governo del Sud il dir

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