Nel calendario civile israeliano la giornata che si è aperta ieri sera, Yom haZikaron, la giornata del ricordo dei caduti delle forze armate di Israele e delle vittime del terrorismo, è la più triste, insieme a Yom haShoah vehaGevurah, il giorno in cui si ricordano le vittime del genocidio nazista e l’eroismo di chi riuscì a combatterlo e a resistervi. Le due date sono strettamente legate, poste a una settimana di distanza nella successione voluta da David Ben Gurion: nel calendario ebraico il 27 del mese ebraico di Nissan è caduta Yom HaShoah, quest’anno corrispondente al 23 aprile; il 4 del mese di Yiar si celebra Yom HaZikaron, che quest’anno cade il 30 aprile (a partire dalla sera del 29). Vi è intorno a queste due date un intero periodo di memoriale, che inizia con la settimana pasquale in cui si ricorda, secondo l’insegnamento della tradizione, il primo tentativo di genocidio subìto dal popolo ebraico ad opera degli egizi e la salvezza miracolosa che li redense con un percorso verso la Terra di Israele; poi viene il giorno della commemorazione della Shoah e quello del ricordo dei caduti. Infine, il 5 di Yiar, quest’anno il 1 maggio (a partire dalla sera del 30 aprile), immediatamente dopo Yom haZikaron vi è Yom haAtzmaut, il giorno dell’Indipendenza che coincide con la data ebraica della Dichiarazione di indipendenza, letta da Ben Gurion proprio il 5 di Yiar del 1948 (la data gregoriana era il 14 aprile). Nonostante le complicazioni introdotte dal doppio calendario, il senso della sequenza è chiara: si va dal lutto per lo sterminio antico alla gioia per il compleanno dello Stato di Israele e dunque della libertà ebraica, passando per la memoria della sofferenza inaudita della Shoah e per il lutto e la gratitudine per coloro che hanno sacrificato la loro vita per difendere questa libertà. Si segnala così il fondamento antico e il costo recente di una realizzazione straordinaria, si potrebbe dire anch’essa miracolosa, che è la ricostruzione di uno Stato ebraico dopo millenovecento anni di esilio.

Le cifre

Yom HaZikaron è il momento più toccante. Perché il dolore della Shoah non si è certo affievolito ma è entrato nella dimensione solenne della storia: in occasione dell’ultima ricorrenza si è calcolato che i sopravvissuti della Shoah ancora in vita in tutto il mondo siano circa 220mila, di cui la metà in Israele. Molti di più, quasi tutti gli ebrei di origini occidentali, piangono parenti trucidati; è un ricordo ormai entrato nella carne e nel cuore del popolo, una cicatrice incancellabile. Il ricordo dei caduti in guerra e del terrorismo è invece una ferita aperta, una lista che continua a crescere. I soldati di Israele caduti in servizio a partire dal 7 ottobre del 2023 sono più di ottocento, le vittime civili del terrorismo quasi duemila. Di questi, 319 militari sono stati aggiunti alla lista dall’ultimo Yom HaZikaron (2024), insieme a 61 veterani disabili deceduti per complicazioni legate alle ferite. I civili aggiunti quest’anno sono 79. Il totale dei caduti che saranno ricordati è di circa 30.700, di cui 25.400 militari e 5.200 civili uccisi dai terroristi. Bisogna pensare che la popolazione di Israele è di circa 10 milioni di persone, un sesto dell’Italia. È come se alla vigilia del 2 giugno i cittadini italiano dovessero ricordare 180mila caduti. Al 3 per mille dei caduti si aggiungono almeno il doppio dei feriti. Ogni famiglia in Israele ha una vittima da ricordare, un suo parente o conoscente.

La giornata

La celebrazione di Yom haZikaron è molto toccante. Alle 20 della sera delle vigilia e alle 11 di mattina del giorno stesso suonano dappertutto le sirene, come per Yom HaShoah; tutto il Paese si ferma, le automobili accostano al bordo della strada, le persone stanno ferme in silenzio per qualche minuto. I cimiteri militari di tutto il paese sono visitati; ogni tomba di un caduto è decorata dalla bandiera nazionale e riceve onori militari. Vi sono discorsi, sfilate di reparti, ma soprattutto c’è la solidarietà, l’amore di un paese che crede nella vita per i propri figli più preziosi, caduti per difendere tutti. Per un giorno anche la litigiosa società politica israeliana si raccoglie in preghiera e in meditazione.

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