Recensione di Angelo Giubileo al libro Leonte, la passione di Giovanni – autore Antonio Bettelli per Futura Libri

Leggere Leonte è stato per me come salire sulla sella dell’Harley, guidata dall’Autore, e attraversare lo spazio, simile allo spazio illimitato (ápeiron) di Anassimandro, della plurimillenaria e salvifica terra dei cedri. Uno spazio che, filtrato dalla Storia del territorio e la storia del sacrificio di Giovanni, diventa, per il novello Garuda, Antonio Bettelli, lo spazio di ricerca e analisi di ogni umano sé stesso (gnoti seauton).

La scrittura, intensa e partecipata, descrive il teatro di scena in cui si svolge la vita di “popolazioni rurali appartenenti alla multidimensionalità millenaria e nomade dei popoli semitici, ebraici e ismaeliti”, che i vincitori del conflitto della Grande Guerra, oggi più di ieri, intendono forzare “a risiedere entro confini artificiali”. Così che il libro è innanzitutto una testimonianza preziosa di un punto di vista occidentale attratto e sedotto da “uno spazio (viceversa) amorfo”. Uno spazio senza tempo.

Si tratta di popolazioni che non indulgono al rischio, e quindi all’arte della mente computazionale che calcola la traiettoria di volo, e deforma il senso della realtà in continuo movimento. E invece: “sugli ampi saliscendi della linea costiera, le variazioni di livello disegnano sinuosi contorni lungo il profilo naturale della terraferma e concedono spazio illimitato allo sguardo immaginativo dei più romantici tra i pensatori”.

Ma non è un sogno che si dipana, anzi è l’esatto contrario, dato che “quando il bisogno prevarica la razionalità, l’istinto ti viene in aiuto e i sensi si dilatano offrendo il meglio del loro potenziale”. In un’estasi assimilabile “al piacere del moto sospeso”. Ed è in questo spazio magico, che la provvisorietà dell’esistenza mantiene “gli usi e i costumi delle numerose appartenenze cristallizzati allo stadio iniziale della loro stessa origine”.

Così accade che l’esser-ci heideggeriano si disveli emblematicamente nel de-stino incerto e inconsapevole di Giovanni: “nel gioco del piccolo teatro di cui siamo solo distinte marionette, mosse dai fili dei nostri destini, pretendiamo di essere autori, sceneggiatori, coreografi e registi dell’opera complessa della nostra vita” … Fino a scoprire “che non vi è alcuna geometria definita, e che vivere è un susseguirsi di legami inconsapevoli, di casualità fortuite, di sincronismi astratti …”.

E, in definitiva, di tutto ciò che (tò chreon) l’Autore dice e che, personalmente, vi consiglio di leggere, o meglio, vi invito ad ascoltare: come per il canto delle sirene, l’eco (ru) del respiro (a) dell’inizio e di ogni inizio che è e si muove (h), sospeso, gettato, privo di confini artificiali, nom-ade in cammino.

Angelo Giubileo

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