di Luca Gambardella
L’attacco di domenica scorsa alla cittadina siriana di Masyaf potrebbe essere stata una delle operazioni militari più complesse, sofisticate e al momento anche misteriose tra quelle lanciate dalle forze armate israeliane in Siria negli ultimi anni. Quello che finora era noto è che l’obiettivo del raid era il bunker sotterraneo del Centro di ricerche e studi scientifici del regime siriano, che i morti erano stati 19 e una quarantina i feriti. In particolare, il target degli israeliani era un’ala del bunker occupata dal cosiddetto Istituto 4000, un centro specializzato nello sviluppo di armi chimiche e missili in cui lavorano ingegneri siriani, iraniani e, secondo alcune fonti israeliane, anche nordcoreani.
Negli anni, l’istituto è stato preso di mira più volte dagli israeliani, ma l’attacco di domenica scorsa è stato diverso da tutti gli altri. Fonti citate dai media dell’opposizione siriana, in particolare da Syria Tv che ha sede in Turchia, e corroborate da altre sentite dal ricercatore americano Charles Lister del Middle East Institute, dicono che gli israeliani potrebbero avere paracadutato delle forze speciali per compiere un’operazione mirata e rischiosa. Secondo questa ricostruzione, nella notte dell’8 settembre, dopo due bombardamenti iniziali lanciati per neutralizzare le quattro postazioni difensive del regime attorno al bunker di Masyaf, uomini delle forze speciali israeliane si sono lanciati da alcuni elicotteri provenienti dalla costa del Mediterraneo. Una volta a terra, gli incursori hanno fatto irruzione nel bunker neutralizzando gli ultimi sistemi difensivi, con l’obiettivo di raccogliere materiale e informazioni di intelligence. Sembra anche che alcuni funzionari del laboratorio siano stati catturati e condotti in Israele.
Due punti restano oscuri. Il primo, vista la preparazione meticolosa che ha richiesto un’operazione tanto rischiosa, è in cosa consista il materiale raccolto dalle forze speciali israeliane. Per richiedere l’invio di boots on the ground doveva trattarsi di documenti o materiali molto preziosi. Il secondo punto poco chiaro riguarda la Russia, che non ha mosso un dito per ostacolare l’operazione israeliana contro una postazione sensibile del suo alleato siriano. I russi hanno una base molto grande e importante ad appena 50 chilometri a nord-ovest dal teatro dell’operazione, quella di Hmeymim. Negli anni, le forze armate russe che sono dislocate in Siria a sostegno del regime e quelle israeliane hanno sempre rispettato un tacito accordo che prevedeva la non interferenza russa nel corso delle incursioni israeliane in territorio siriano. L’appoggio offerto a Bashar al Assad, per il Cremlino, non ha mai previsto la ricerca di uno scontro diretto contro Israele e per evitarlo i russi hanno spesso chiuso un occhio sui raid dell’Idf in Siria. Potrebbe essere successo anche stavolta, perché è difficile credere che una notte con così tanto movimento nei cieli siriani sia potuta passare inosservata dai radar russi.
Fonte: Il Foglio