La direttrice dell’Istituto affari internazionali (Iai), Nathalie Tocci, ci spiega perché pubblico e media in Italia sono ancora così ambigui sulla guerra

Solo giovedì ci sono stati undici morti per i raid russi in varie zone dell’Ucraina: altra distruzione, altro terrore contro i civili. Eppure l’Italia, tra opinione pubblica e media, sembra non avere ancora chiaro chi sia l’aggressore e chi l’aggredito in questa guerra. “Il confronto con la Germania è interessante”, dice al Foglio Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto affari internazionali, tra i venti think tank più influenti al mondo. “In Italia abbiamo un governo deciso sulla questione Ucraina, mentre in questi giorni abbiamo parlato molto dell’indecisione del governo di Olaf Scholz sulla questione dei carri armati, per esempio. Ecco: sembra quasi l’opposto sul piano dell’opinione pubblica, perché in Italia guardiamo con favore all’Ucraina ma in un modo molto più ambiguo rispetto alla Germania, dove il sostegno è stato solido sin dal primo momento”. E allora viene da chiedersi se non ci sia qualcosa di radicato e trasversale che ci sfugge, tra gli analisti e gli accademici, ma soprattutto tra certi giornalisti ed editorialisti, o tra gli autori di talk show. Secondo Tocci “c’è un insieme di fattori” che ha reso l’Italia così ambigua: “Un antiamericanismo diffuso e radicato, quello che un tempo era il Partito comunista più importante d’Europa, e a questo si aggiunge una tradizione di pacifismo che ha a che fare anche con il ruolo della chiesa, ancor più in questa crisi, avendo dato manforte, dal punto di vista morale, a posizioni ‘pacifinte’”.

Poi c’è la questione della disinformazione russa, che trova terreno fertile in Italia più che altrove. Secondo Tocci “a fronte di un piccolo investimento” la Russia ha guadagnato molti consensi da queste parti, “ma è un tema strutturale: fa leva sull’ignoranza, che a sua volta è il terreno per il populismo. Il nostro paese sta vivendo un periodo di degrado culturale” che non riguarda soltanto il grande pubblico, “ma anche le élite e i media: c’è stato un disinvestimento, anche economico, sulla politica internazionale, e questo spiega anche perché l’Italia, che è geograficamente centrale, sia meno rilevante”. Tocci fa un paio di esempi concreti: “Poche settimane fa siamo stati a parlare per giorni di pos e contanti mentre il mondo cadeva a pezzi” e poi: “Il capo del governo che lancia un ‘piano Mattei’ per l’Africa è giusto, ma se poi non ci metti i soldi resta solo un piano”. E del resto tutto si tiene: il 24 febbraio scorso quando Putin ha lanciato la sua offensiva, le istituzioni erano completamente ignare di quello che stava per accadere, i media, sopratutto in Italia, minimizzavano, alcuni di quei giornali erano gli stessi che per anni avevano difeso gli affari con la Russia. Poi qualcuno si è ricreduto, qualcun altro no. “Ci sono tre date fondamentali per capire il nostro rapporto con Mosca”, dice Tocci, “il 2008, il 2014 e il 2022. Tra il 2008 e il 2014 possiamo dire, in qualche modo, che eravamo giustificati, c’era un motivo. Putin un anno prima a Monaco, aveva di fatto annunciato la sua invasione della Georgia, ed era evidente che se avesse voluto sarebbe potuto arrivare a Tbilisi, ma non l’aveva fatto. Nel 2014 fa la stessa cosa, solo che non si ferma. Allora siamo più consapevoli di quello che sta succedendo, ma inizia una fase di dissonanza cognitiva, che riguarda anche me, personalmente. Tutta la nostra politica europea era basata sull’approccio dei due binari, sanzioni ed engagement. Ma a quel punto, dopo il 2014, la scusante non c’è l’avevamo più. E nonostante fossimo consapevoli di quello che stava accadendo, abbiamo aumentato la nostra dipendenza energetica da Putin”, dice Tocci. “Anche io ho sbagliato, ero una di quelle che diceva che dovevamo cercare il dialogo, e pensavo che gli esteuropei esagerassero. Ho fatto un grande esame di coscienza dall’inizio della guerra lo scorso anno. E’ vero che lo spartiacque è stato il 24 febbraio del 2022, ma col senno di poi, quello spartiacque è stato nel 2014, e l’abbiamo ignorato un pò per miopia e un pò per bieca convenienza”.

Giulia Pompili

Fonte: Il Foglio

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