E’ stato presentato ieri, presso la sala Zuccari del Senato, il libro del giornalista abruzzese Marco Patricelli dal titolo “Brigata Maiella”. L’epopea dei patrioti italiani dell’8^ armata britannica che racconta la storia di soldati senza stellette, partigiani senza partito. Una formazione partigiana unica nel suo genere che è stata insignita della più alta onorificenza militare, ossia della medaglia d’oro al valor militare, conferita il 14 novembre del 1963. La bandiera di combattimento del Gruppo “Patrioti della Maiella” si trova al Museo Sacrario delle Bandiere delle Forze armate al Vittoriano.

Dopo l’8 settembre ’43, 1500 militari abruzzesi decisero “rabbiosamente”, come ebbe a dire il suo fondatore Domenico Troilo – quando noi prendemmo le armi non c’era altra scelta: avevano distrutto tutto, tutto, non avevamo più niente se non la rabbia. La ribellione era l’unica cosa che ci rimaneva – di scendere sul campo di battaglia al fianco dell’armata britannica prima e con l’esercito polacco dopo per liberare l’Italia, fino ad Asiago. Giovanni Grasso, Consigliere per la stampa e la comunicazione del Presidente della Repubblica, che ha conosciuto l’autore in occasione della visita ufficiale di Sergio Mattarella in Abruzzo per il 25 aprile 2018, ha sottolineato come il libro – corona una serie di studi sulla resistenza in Abruzzo e nel Sud Italia. Un’opera che si legge come un romanzo, con un ritmo incalzante, godibile e appassionante – la vicenda – affascinante di questi nuclei di resistenza civile, apolitici, che non si accontentarono di liberare la propria terra ma che decisero di continuare il cammino verso Nord. Avevano la divisa ma non avevano le stellette, simbolo della fedeltà al re, perché si sentivano repubblicani – Grasso sottolinea come l’opera di Patricelli faccia giustizia di due stereotipi: dell’idea che la resistenza sia stato solo un fenomeno del Nord e unicamente dei partigiani, e dell’errore di quella corrente storiografica che ha descritto gli italiani “alla finestra”, in una “zona grigia”, come ad assistere passivamente allo svolgersi degli eventi.

Per Mario Sechi, direttore dell’AGI esiste un parallelismo tra la Guerra di Liberazione e il conflitto attuale in Ucraina. – Il più grande errore di Putin, non è solo quello di aver avviato la guerra, ma anche di aver dato occasione a quel popolo di avere un atto fondante. Comunque vada ci sarà una liberazione, un’identità e una storia da raccontare ai giovani – e poi ha aggiunto – la Brigata Maiella è stata un esempio di eroismo e lo stesso si dice oggi dei residenti ucraini, che contribuiscono alla costruzione di un mito. La nostra prova di questo 25 aprile è avere memoria e capire se anche l’Europa riuscirà ad avere nei prossimi mesi e nelle prossime settimane un suo vero, grande atto fondato -.

Il professore Luciano Zani, intervenuto alla presentazione del volume ha rappresentato – va letto perché un’operazione di verità, reiterata, anche aspra, polemica contro ogni forma di omologazione della retorica resistenziale -. I componenti della Brigata Maiella – erano anche convinti che ci fosse una dimensione superiore, irrinunciabile e unitaria rispetto ad ogni differenziazione ideologica o partitica -.

Per il senatore di Forza Italia, Nazario Pagano fare luce sulla Brigata Maiella era necessario. E’ stata forse troppo spesso strumentalizzata in modo scorretto. E’ giusto far conoscere le gesta di questi abruzzesi che divennero una vera e propria unità militare delle truppe alleate. Una brigata che con senso patriottico ha voluto dare un contributo alla liberazione dell’Italia ha lasciato un messaggio di pace ancora attuale, visto quello che sta accadendo in Ucraina – . Per ultimo, l’autore ha così concluso – mi sono limitato a ricostruire questa vicenda, non solo con la memoria dei pochi ancora in vita, ma trovando anche basi documentali, inserendo gli elementi del mosaico che mancavano, ho tentato non di raccontare una storia di eroi, che pure ci sono stati ma una storia di uomini. in tempi di divisioni incomprensibili su quel che deve rappresentare il 25 aprile, più che la festa della liberazione dovrebbe essere la festa della libertà riconquistata. Negli esempi di questi uomini possiamo trovare i motivi per avere più ottimismo verso un presente che ci induce a ragionare che l’uomo non impara quasi nulla dalla storia e, non conoscendola, non comprende nulla del suo presente -. Presenti all’evento i figli di Domenico Troilo, Barbara e Alberto, che con la loro presenza hanno testimoniato e portano avanti con la stessa vitalità del padre, quei valori di libertà proprio in quest’anno che ricorre il centenario della sua nascita.

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