La grottesca proposta grillina di sindacalizzare le Forze armate. Intervista al generale Tricarico

di Valerio Valentini

Roma. Lapidario, Leonardo Tricarico. “Il corridoio, se c’è, è molto, ma molto stretto. E la materia estremamente delicata”. Una sentenza espressa con voce risoluta, quella che pronuncia il generale trentino (nella foto), già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, consigliere militare a Palazzo Chigi per tre diversi premier tra il 1999 e il 2004, quando gli si chiede un parere sull’ultimo motivo di contesa parlamentare: quello della riforma della rappresentanza sindacale delle Forze armate. “Premetto che non ho seguito nel dettaglio il dibattito politico degli ultimi giorni”, precisa subito Tricarico, quasi a volere schivare le polemiche esacerbatesi lunedì sera a Montecitorio, dove la maggioranza grilloleghista è stata sconfitta in commissione Difesa per ben tre volte su un emendamento che mirava a permettere ai militari di rivolgersi direttamente al tribunale del Lavoro in caso di un presunto maltrattamento subito. Come un qualsiasi dipendente della pubblica amministrazione.

“E qui sta il punto”, dice Tricarico. “Perché io ho i miei dubbi sul fatto che il diritto sindacale comunemente inteso sia davvero conciliabile con gli oneri e le prerogative in capo alle Forze armate”. La Corte costituzionale, nell’aprile del 2018, ha riconosciuto il diritto ai militari di costituire delle organizzazioni sindacali autonome. “Vero. Ma anche ribadito che tutto ciò deve avvenire tenendo conto della necessità di preservare la compattezza e l’efficienza delle Forze armate. Senza contare che spesso i militari sono chiamati a intervenire in situazioni d’emergenza, dove è indispensabile agire con celerità operativa e rapidità decisionale. Insomma, se esiste un punto di equilibrio, in questo campo, va ricercato con estrema cautela, evitando qualsiasi forma d’improvvisazione”.

E invece la discussione parlamentare avviene in molto assai scomposto: una maggioranza spaccata, il M5s che spinge per una estensione larga del diritto sindacale alle Forze armate e una Lega assai più perplessa, i vertici militare piuttosto contrariati, a giudicare dalle loro recenti audizioni alla Camera. “La fretta nel riconoscimento delle varie organizzazioni sindacali sta alimentando eccessive aspettative, inducendo insofferenza e frustrazione in chi percepisce come sottostimate o trascurate le proprie istanze”. Si stanno insomma alimentando degli appetiti non proprio nobili. “Assisto con un certo sgomento all’ansia di alcuni aspiranti sindacalisti che, prima ancora di capire quale sarà l’esito dell’iter legislativo, si sono già affrettati a sbandierare questioni che dovrebbero essere interdette all’arbitrio di sigle di rappresentanza. Sento dire che i sindacati dovranno intervenire nelle controversie legate ai requisiti per l’ingresso nelle Forze armate o addirittura negli avanzamenti di carriera: ma questo è inconcepibile. Ci sono delle specificità della vita militare che vanno assolutamente tenute in massima considerazione. Bisogna ad esempio scongiurare il rischio di costituire delle sigle sindacali specifiche per alcune mansioni o alcuni gradi: altrimenti si finirebbe con l’avere il sindacato dei tenenti, quello dei capitani e così via. Un corporativismo dannoso, che riprodurrebbe le nebulizzazioni tipiche dei sindacati tradizionali che spesso hanno messo in difficoltà interi settori industriali del nostro paese”.

Poi, c’è il rischio che tutto sia finalizzato a raccattare consenso elettorale, visto che anche i militari votano. “Non me ne stupirei, certo. Faccio un esempio. Nel famigerato ‘contratto di governo’ gialloverde, al capitolo sulla Difesa, tra quelle quattro cinque proposte strampalate e infantili, viene ribadita ‘l’importanza del ricongiungimento familiare’, tema su cui del resto il ministro Elisabetta Trenta si è molto spesa in questi mesi”. E dunque? “E dunque, l’85 per cento del personale dell’Aeronautica viene dal Sud, ma i reparti sono quasi tutti stanziati al Nord. Esiste una direttiva, a proposito dei trasferimenti, che a mio avviso è già perfetta, basata su graduatorie rigorose ma trasparenti. Non capisco proprio come si possa modificare queste norme senza minare la compattezza e l’efficienza delle forze armate”. Fa riferimento al Mezzogiorno, Tricarico: e cioè, guarda caso, al bacino elettorale di riferimento di quel M5s che è il principale fautore di questa sindacalizzazione spinta delle Forze armate. “Il problema è che, nel momento in cui si introducono certe logiche nel comparto militare, poi è inevitabile che la politicizzazione produca le sue tipiche storture”.

Senza contare, poi, che al momento non appaiono delle garanzie relative al fatto che questa estensione del diritto sindacale possa scongiurare, o combattere, quei casi di nonnismo o soprusi di cui talvolta si sente parlare. “Se vi sono e dove vi sono soprusi è giusto intervenire, ci mancherebbe altro. Ma mi pare poco saggio affrettarsi a riconoscere le organizzazioni sindacali, come mi pare si stia facendo, quando ancora non si sa cosa siano i sindacati. Io riconosco una organizzazione dopo aver valutato un documento istitutivo che ancora non c’è. Questa fretta è fuori luogo e coerente con un processo di indebolimento generale strisciante delle Forze armate che deve cessare”.

Fonte: Il Foglio, 15 maggio 2019

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