F 35

di Fabio Mini

Nell’intervista per La Verità dello scorso 11 aprile non era mia intenzione fare la storia del programma F35 o proporre di uscirne. Volevo soltanto stigmatizzare la pretestuosa diatriba interna alle Forze armate per l’assegnazione dei velivoli suscitata dalla decisione dello Stato Maggiore della Difesa di porre gli F35 della Marina sotto il controllo dell’Aeronautica. Cose come queste accadono soltanto da quando c’è stata la riforma dei vertici militari che ha tolto al Comitato dei Capi di Stato Maggiore la collegialità delle decisioni. Secondo le prerogative di comando previste dalla riforma dei vertici il capo di stato maggiore della Difesa è autorizzato ad assumere decisioni anche senza consultare gli altri capi e nemmeno il ministro o il direttore degli Armamenti. Il presupposto era che il capo di SMD fosse “super partes” e quindi garantisse lo sviluppo equilibrato di tutte le forze armate e non soltanto della sua. Evidentemente era un presupposto sbagliato.

Naturalmente questa parte è stata omessa nella pubblicazione dell’intervista assieme ad altre considerazioni che probabilmente non interessavano o non sarebbero state gradite agli editori o ai lettori della testata. Lo capisco benissimo e non me ne rammarico anche se La Verità concentrandosi sui velivoli piuttosto che sui motivi di disaccordo interno alle Forze armate ha fatto dell’intervista una “mezza Verità”. Non mi sono perciò meravigliato della reazione di un collaboratore de il Giornale.it a difesa del programma F35. Per il tono inquisitorio usato e per brevità lo identificherò da qui in avanti con PM (Pubblico Ministero) e lo ringrazio perché mi dà l’opportunità di esaminare altri aspetti della questione ed esprimere le mie opinioni personali in merito.

In particolare il PM mi pone una domanda per lui retorica, ma che io ritengo niente affatto scontata: abbiamo alternative all’F35? Lui ritiene di no e non è il solo.

Non può nemmeno immaginare che ci siano alternative a qualsiasi programma di armamenti voluto e imposto dagli Stati Uniti:

  • chi ritiene certo, imminente e perfino auspicabile lo scontro armato in Europa fra Usa-Nato e Russia,
  • chi intende la difesa come provocazione e la sicurezza come instabilità e conflitto permanente,
  • chi vede soltanto soluzioni militari ai problemi geopolitici,
  • chi mette gli armamenti avanti a qualsiasi altra priorità sociale,
  • chi prende per oro colato le presunte analisi dei politicanti e degli yesmen di regime sulla minaccia globale di Russia e Cina,
  • chi nasconde o giustifica le provocazioni politico-militari dei paesi della “Nuova Europa” così sfacciatamente coccolati dagli Stati Uniti in funzione anti europea e anti russa,
  • chi considera la partecipazione italiana al programma F35 come parte del fantomatico “volano per la crescita economica” nazionale costituito dal settore dell’industria della difesa,
  • chi ha interessi nella preparazione della guerra come mezzo di puro profitto,
  • chi vuole difendere tali interessi per convinzione o soltanto opportunismo,
  • chi non può o non vuole sottrarsi alle pressioni lobbistiche,
  • chi vede negli aerei o altri sistemi d’arma più avanzati la soddisfazione del proprio bisogno ludico,
  • chi non considera la necessità di avere forze di sicurezza e forze armate efficienti, complementari ed equilibrate,
  • chi preferisce le macchine agli uomini e ciò che costa di più a ciò che serve;
  • chi vuole usare i programmi militari come mezzo per stare dalla parte americana anche contro i propri interessi nazionali e chi considera questa parte l’unico fronte democratico, libero e giusto da opporre alla violenza e alla prevaricazione,
  • chi scambia gli interessi privati con quelli nazionali e usa la retorica del patriottismo per favorire i primi a scapito dei secondi,
  • chi proclama il recupero della sovranità e vende il proprio paese ad una lobby economica e industriale.

Per tutti questi, e per molti altri ancora, non esiste alternativa ad alcun programma intrapreso nell’ottica di favorire gli Stati Uniti anche a svantaggio all’industria europea.

La domanda sulle alternative è comunque lecita ed è dovere di cortesia rispondere. Prima di farlo, però, devo fare alcune precisazioni sulle varie considerazioni, molto garbate ma talvolta tendenziose, con le quali è stato infarcito il commento del PM.

1) Non sono diventato commentatore di geopolitica e strategia una volta “terminata la vita militare”, che immagino voglia dire “da fancazzista”. A parte che la vita militare non finisce con la pensione (raggiunta nel 2005), scrivo e commento su questi argomenti dal 1975. Mentre ero in servizio attivo ho scritto articoli per la Rivista Militare, Limes, Il Corriere della Sera, Il Piccolo di Trieste, Repubblica e l’Espresso oltre a libri per Alinari, Franco Angeli, Leg ed Einaudi. Ho rilasciato interviste a titolo personale a tutte le testate che mi hanno chiesto un’opinione. Di qualunque orientamento fossero. Da pensionato ho continuato a fare le stesse cose.

2) Se sono “noto” in rete per le posizioni “poco ortodosse” sulle scie chimiche, preciso che ho affrontato l’argomento della guerra ambientale in un articolo per Limes del 2007 nel quale non ho mai citato le scie chimiche. Ho espresso invece dei dubbi sull’attendibilità dei complottisti come Thomas Bearden che attribuisce ai russi la capacità scientifica e pratica di produrre cambiamenti climatici su vasta scala. Evidentemente il complottismo, che è una forma di disinformazione, è a due sensi. Non annovero invece fra i complottisti coloro che hanno osservato che nel primo ventennio della guerra fredda ci sono stati esperimenti di tsunami in Oceania e un centinaio di esplosioni nucleari nell’alta atmosfera e, quando sono state scoperte, perfino nelle fasce di Van Allen. I test volevano soltanto accertare “l’effetto che fa” l’interferenza delle esplosioni nucleari (che non sprigionano solo energia cinetica) con il campo magnetico terrestre e la ionosfera. I test sono cessati per iniziativa degli stessi scienziati spaventati dai primi effetti registrati. Ma tali effetti e quelli successivi sono ancora sconosciuti e comunque gli esperimenti con la ionosfera sono proseguiti in Russia con il “Picchio”(woodpecker) e negli Usa con l’HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program). Anche di questo non sappiamo nulla. Dopo l’articolo sono stato interpellato e intervistato fino alla nausea sulle scie chimiche e la mia posizione è stata netta: non ci sono prove che le scie che si vedono siano chimiche, che possano alterare l’ambiente e nemmeno che le aeronautiche mondiali facciano scie diverse da quelle di condensa. Esistono però tecnologie per manipolare l’ambiente e se la tecnologia consente qualcosa di distruttivo, prima o poi qualche apparato militare la impiega. Ho citato lo studio statunitense iniziato nel 1996 “Owning the weather by 2025” che ormai dovrebbe aver conseguito qualche risultato nel “possedere il tempo meteorologico” precisando che comunque si tratta di modificazioni “temporanee e localizzate” per evitare le limitazioni non di volo, che ormai sono superate dai mezzi “ognitempo”, ma di osservazione e acquisizione obiettivi da parte dei sistemi aeronautici e satellitari. Sulle scie chimiche in più occasioni e convegni ho invitato i “complottisti” a fornire prove concrete sulla natura e composizione delle nubi osservate. Ho suggerito ai professori universitari anch’essi “complottisti” di andare a recuperare nei magazzini dei loro laboratori tecnici un qualsiasi spettroscopio per iniziare vere ricerche scientifiche. Tuttavia, ho espresso loro solidarietà quando mi hanno mostrato le risposte vaghe e stereotipate fornite ai loro quesiti da parte dei Ministeri e degli Stati Maggiori e gli insulti ricevuti da geologi, ambientalisti di regime, politicanti e istituti metereologici. Tutto qui, e se questo mi colloca tra i “non ortodossi” sono felice per me e loro e rammaricato per gli ortodossi.

3) PM dice che mi sono “scagliato” contro l’F35. Se avessi voluto “scagliarmi”, avrei detto di peggio e gli argomenti non mi sarebbero mancati. Come in altre occasioni mi sono limitato a semplici osservazioni prendendo lo spunto dalla diatriba interna alle Forze armate. Altri ” limiti” sono stati adottati dalla redazione del giornale che ha pubblicato soltanto una parte della mia intervista, anche se la più sostanziosa.

4) Il PM è rimasto perplesso dalla mia affermazione che lo scopo dell’F35 è la creazione di una flotta aerea Nato in funzione antirussa. La ritiene ovvia. E contro chi sennò? Si/mi chiede. Ma il problema sta proprio nell’ovvietà dell’osservazione. Tanto è vero che i russi, appena capita l’antifona, hanno cominciato a riarmarsi contro la minaccia dell’allargamento della Nato e ad assumere iniziative contrastanti con quelle degli Usa e della Nato come in Ucraina e Siria.

5) Subito dopo però il PM parla dell’F35 come strumento necessario alla “supremazia su qualunque campo di battaglia e non solo antirussa”. Ebbene, se escludiamo la Russia, la necessità di acquisizione armata ed elettronica della supremazia aerea da parte della Nato non si riscontra in nessun teatro operativo europeo. E’ invece necessaria nel teatro mediorientale, ma solo contro Israele, l’Iran e l’Arabia Saudita; in Africa contro Egitto e Sudafrica; in America Latina contro Messico, Argentina e Cile; in Asia contro la Cina, il Giappone, l’India, il Pakistan, l’Indonesia e la Malesia; e in Oceania contro l’Australia e la Nuova Zelanda. Se parliamo di questo, gli F35 non basteranno, ma sarà la capitolazione di tutta la politica occidentale.

6) Le possibili ritorsioni russe di cui parlo, secondo il PM, non sarebbero soltanto sull’Europa ma anche sugli stessi Stati Uniti. Questo dovrebbe garantire il coinvolgimento americano in un conflitto in Europa e quindi l’interesse statunitense nel non provocarlo. Non è così. Abbiamo già parlato di questo 30 anni fa, quando sorse il dubbio che lo spiegamento degli Euromissili fosse il segnale del disimpegno americano in Europa. Fu proprio la constatazione che la guerra nucleare diventava possibile in Europa senza toccare il territorio statunitense che indusse gli europei a chiedere il ritiro dei missili Pershing e Cruise e l’Urss a spostare gli SS-20 . Otto anni dopo, il trattato INF portò un po’ di sollievo. Trump vuole ora annullare il trattato e questo ripropone lo stesso dubbio di allora. L’America rischierà un conflitto nucleare sul proprio territorio per salvare l’Europa? Con le nuove armi, a partire dai missili da schierare in Europa orientale e gli aerei da impiegare in un attacco preventivo, la guerra in Europa e sull’Europa ritorna probabile. Con le mininuke destinate a diventare armi tattiche e il concetto strategico della Nato del 2010 che ha incluso le armi nucleari “europee” nella componente nucleare strategica, la guerra si propone anche e soprattutto come scontro nucleare. Che altro, sennò?

7) Secondo il PM si tratterebbe di Deterrenza e lo meraviglia che io non la consideri tale visto che ho passato la vita in uniforme. Purtroppo per lui, la deterrenza si fa con ciò che si ha e non con ciò che si spera di avere. Non voglio citare il solito Sunzi o Sunbin, ma la deterrenza maggiore si ottiene assolvendo il primo compito del governante saggio: rendere la nazione prospera. Una nazione che si accolla soltanto debiti e deve implorare aiuti esterni non ha nessuna capacità deterrente nemmeno se avesse i missili intercontinentali e le bombe atomiche. Anzi, sarebbe emarginata e sarebbe soggetta ad una minaccia maggiore. Il caso della Nord Corea insegna. E’ isolata e la sua forza di deterrenza non sta nei missili nucleari, ma nelle diecimila artiglierie puntate su Seoul e nelle squadre di forze speciali già pronte a distruggere le centrali nucleari del sud.

8) Di meraviglia in meraviglia, il PM ritiene che la mia denuncia dell’aggressione sia una posizione pacifista. E’ un complimento per i pacifisti con i quali non ho nulla da spartire ma che rispetto per le loro convinzioni comprese quelle che non condivido. La rinuncia all’aggressione è un principio del diritto internazionale, che una volta si chiamava bellico e che oggi con molta ipocrisia si chiama “umanitario”. L’aggressione non deve essere confusa con la deterrenza, con la guerra preventiva e neppure con la deterrenza per punizione. Ogni arma è aggressiva, così come è sia offensiva sia difensiva, in relazione all’uso che se ne fa e allo scopo che si vuole raggiungere; ma io parlo dell’aggressione più subdola e antica: la provocazione, specie quando è immotivata e pretestuosa. Durante la guerra fredda, in pieno stallo nucleare, gli stessi comandanti americani in Europa cominciarono a studiare la “difesa non-provocatoria”. Io ero con loro e per la Rivista Militare ho esposto il progetto d’impiego della fanteria leggera nella “grid defense” come strumento per garantire la difesa senza che fosse percepita come una continua e costante provocazione. Non penso che tutti quanti fossimo dei “pacifisti” o che ci volessimo accontentare del “meglio rossi che morti”.

9) Sono contento che il PM abbia scoperto che la destabilizzazione è oggi perseguita con il ritorno ai missili e la fine dell’INF. Sarebbe anche utile riconoscere che l’F35 è stato uno dei primi elementi di provocazione che ha costretto Russia e Cina a sviluppare la propria 5^ generazione di caccia contestualmente alle misure antimissile anch’esse sviluppate per prime dagli Usa e in Europa puntate esclusivamente contro la Russia. Di fatto, l’F35 è stato il primo progetto statunitense di alterazione degli equilibri militari messo a disposizione di tutti gli Stati del globo come surrogato del più efficiente e costoso F22, che è stato negato agli alleati. Gli stessi vari scudi missilistici (riesumati dai cassetti delle guerre stellari) hanno assunto la natura destabilizzante dopo l’F35. E oggi non ci si può meravigliare se ci si stia sbracando con l’INF e la corsa agli armamenti.

10) In merito ai costi del programma, il PM osserva che “ho mischiato le carte” perché il costo unitario dell’F35A varierebbe dai 70 ai 95 milioni ( contro la mia stima di 110 milioni di euro). Non ho una replica da fare se non dare appuntamento a lui e al Giornale.it a quando arriverà la fattura della Lockheed. Per quanto riguarda il costo totale del programma, il PM conferma l’entità (40 miliardi di euro), ma ne vuole attenuare la portata affermando che sarà “spalmato” per tutta la vita del velivolo che presume duri fino al 2035-2040. E qui è lui a “mischiare le carte”. Il costo del programma riguarda il suo completamento nella produzione, esecuzione e validazione operativa. Comprende anche i costi per le infrastrutture necessarie alla loro operatività, ma non riguarda la vita operativa e non include i costi di funzionamento e aggiornamento che saranno sostenuti con i bilanci ordinari. Il 2035 è la data entro la quale i nove partner del programma avrebbero dovuto acquistare più di 3100 aerei. E’ questa stima di consegna che probabilmente slitterà fino al 2040. Per quanto riguarda la vita operativa dell’F35 occorre consultare i precedenti : la vita operativa dell’F16 è iniziata nel 1978, ha oltre 40 anni ed è ancora in servizio, il Tornado è del 1979 (40 anni) ed è in servizio in italia dal 1982, potrebbe durare fino al 2022, ma anche di più. L’EFA 2000 Typhoon è entrato in servizio nel 2003 e durerà ancora almeno fino al 2045. Si spera che gli F35 acquisiti nel 2018 durino almeno fino al 2058 e successivi per quelli che saranno consegnati fino e oltre il 2021. Il termine “costo spalmato” è molto abusato in economia, ma non deve trarre in inganno: non vuol dire che il programma è meno costoso o che esiste un piano di ammortamento, in realtà significa soltanto che il debito totale contratto oggi espande nel tempo e condizionerà la consegna degli aerei. Ciò significa che avremo i nostri aerei più tardi e il costo, come ogni debito dilazionato, aumenterà e graverà sulle generazioni future molto più di quanto non stia gravando sulle nostre. Se la minaccia russa è reale, immanente e imminente, come ci fa credere Pompeo – Stoltenberg, i nostri F35 non serviranno semplicemente perché non li avremo tutti. Dovremo ancora affidarci ai Tornado e agli Efa, che paradossalmente sentono meno dell’F35 gli effetti del gap tecnologico. Il loro livello di affidabilità nell’ambito operativo in cui agiscono è ormai stabile e consolidato. Gli F.35 devono invece aggiornarsi di continuo perché il gap nell’avionica e nei software aumenta di giorno in giorno. Negli anni ’70 Norman Augustine della Lockheed- Martin Marietta sparò questa sarcastica “previsione: “Per la fine del secolo XX con la velocità della tecnologia e la lentezza delle procedure burocratiche per la ricerca e lo sviluppo un aereo sarà obsoleto qualche mese prima del suo volo inaugurale.” Questo si è già avverato per l’F35 che dall’entrata in servizio del 2015 ha già subito decine di aggiornamenti e altri ancora sono in arrivo. Augustine aggiunse “ con l’aumento dei costi di ricerca e produzione e la diminuzione degli ordinativi la produzione di un solo aereo assorbirà tutto il bilancio dell’Aeronautica Americana. Anche questo si sta avverando per l’F35.

Ed ora la domanda: Quali alternative abbiamo all’F35?

Risposta: Se non abbiamo alcuna alternativa, come sostiene il PM, significa che siamo in una condizione tragica: costretti a subire l’iniziativa e le imposizioni altrui, senza alcuna strategia nazionale. La strategia è l’arte delle scelte e quindi l’arte di cercare e valutare soluzioni alternative. In campo politico-militare non vedere o non cercare alternative costringe alla sudditanza intellettuale, tecnologica ed economica. Se si vuole questo va bene anche l’F35, ma non si venga a blaterare di sovranità, libertà e sicurezza o di sacrifici economici da imporre a tutti i cittadini in nome di una presunta coesione dell’Alleanza Atlantica che gli Stati Uniti per primi, seguiti dai paesi della Nuova Europa, vogliono frantumare.

Le alternative invece esistono e soprattutto esistevano quando ci siamo inseriti nel programma. Rifiuto concettualmente di pensare che non si possa tornare indietro o che non si possa uscire dal programma. In tutto si può tornare indietro, soprattutto se accumuliamo debiti insolvibili, basta capire quali sono i rischi operativi e i costi.

1^ alternativa : uscire definitivamente dal programma. Rischio operativo: 0; costo: perdita dei soldi finora spesi e penali da pagare. Si risparmierebbero comunque tutti i soldi dovuti da qui alla fine del programma. Inoltre, non è detto che le penali si debbano pagare per forza. Ci sono mezzi e strumenti legali per dimostrare la causa di forza maggiore ( crisi e debito) che porta alla decisione di uscita. Inoltre, si possono eludere le penali facendo i “furbi” (come in realtà ci considerano gli americani) o assumendo un buon avvocato che dimostri che l’impegno italiano è stato assunto per “circonvenzione d’incapaci”, truffa, estorsione, ricatto o corruzione. Cose non necessariamente vere, ma che ogni avvocato può agilmente spacciare per tali.

2^ alternativa: rivedere il piano e i tempi di acquisizione. Rischio operativo 0; costo : penali. Per le penali vale la considerazione precedente e comunque sarebbero inferiori. La revisione comporta il compito di partire da una ragionata ed onesta valutazione dei rischi, delle minacce e quindi degli strumenti nazionali da affiancare a quelli dei partners per fronteggiarle, ammesso che ce li possiamo permettere.

3^ alternativa : ridurre la commessa per gli F35 e convertire gli oneri già contabilizzati e i successivi in crediti da utilizzare per la partecipazione al programma dell’aereo di 6^ generazione (già avviato e per il quale entro un annetto arriverà la sollecitazione di partecipazione). Ovviamente, a patto che almeno questo mantenga le promesse di un vero salto tecnologico. Rischio 0; costo : identico all’attuale.

4^ alternativa : continuare il programma mantenendo l’impegno del FACO e acquisire gli F35 veramente necessari in leasing: rischio 0, costi: minori e vincoli a breve termine invece di lunghissimo termine.

5^ alternativa: ridimensionare tutte le Forze armate in una visione europea che comporti una forza operativa integrata, omogenea e proporzionale alla nostra capacità di contribuire alla sicurezza continentale in termini politici, economici e militari. In questo caso potremmo avere delle sorprese. Il contributo che ci verrebbe richiesto in base al ruolo politico, sarebbe zero, in base a quello economico, sottozero e in quello militare sarebbe minimo, specialmente se continuiamo ad alimentare le baruffe interne, a sgomitare per avere posti dirigenziali e a utilizzare i nostri contributi internazionali per conservare poltrone. Sarebbe però l’occasione per concepire programmi rivolti al bene comune, alla razionalità e all’efficienza di uno strumento di sicurezza sostenibile ed equilibrato in tutte le sue componenti. Ciascuna al meglio delle proprie capacità, peculiarità e specializzazioni.

6^ alternativa: abbassare i livelli d’ambizione e quindi i ruoli nelle alleanze e coalizioni e quindi le caratteristiche e funzioni operative dello strumento militare. La pretesa di “stare alla pari con i più dotati”, come scrisse nel suo concetto strategico l’ammiraglio Giampaolo Di Paola nel 2005, era una velleità che non ci potevamo permettere allora ed è una follia oggi.

7^ alternativa : ecc. ecc. ad libitum e discrezione del PM.

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