4 febbraio 2013. Feluche e stellette non sanno ancora capacitarsene. Dire che sono seccati e poco: “C’è andato di mezzo il buon nome dell’Italia. Nei paesi seri – dice un diplomatico – se si promette una cosa la si fa. Non siamo obbligati a fornire uomini o mezzi per supportare un alleato. E’ legittima ogni scelta.

 

Ma se, calcolati i pro e i contro, liberamente decidiamo di farlo non possiamo poi fare marcia indietro dopo pochi giorni. Così legittimiamo chi ha interesse a definirci la solita italietta”.

Se l’irritazione non trapela all’esterno, è ben nota a palazzo Chigi e avrà conseguenze internazionali ben oltre il termine del governo tecnico. Perché è una questione di credibilità. La pietra dello scandalo è la precipitosa marcia indietro decisa da Monti sulla crisi maliana. Avvenuta quando la Difesa aveva già fatto sapere che erano pronti ad essere “rischierati” due C130 da trasporto e un Kc135 da rifornimento in volo per un impiego della durata di due-tre mesi.

“La Francia – prosegue il diplomatico – è consapevole del fatto che siamo sotto elezioni, e ci aveva chiesto solo un gesto di sostegno politico: l’invio di qualche aereo da trasporto non è cert mettere gli scarponi sul terreno. Costava poco, ci avrebbe reso molto. E invece l’abbiamo illusa. Dietro i sorrisi di circostanza, se ne ricorderanno”.

La stessa irritazione è evidente al ministero della Difesa. “Il presidente del Consiglio – dicono a palazzo Baracchini – ha mandato avanti il ministro Di Paola e il ministro Terzi. Li ha fatti esporre davanti alle commissioni parlamentari. E poi si è tirato indietro quando noi già avevamo pronta la pianificazione dell’intervento. Quando l’hanno saputo, i colleghi francesi prima non volevano crederci, poi hanno ironizzato”.

Va detto che Terzi e Di Paola nel loro intervento davanti alle commissioni erano assolutamente in buona fede. E lo testimonia il testo dell’audizione. “C’è la necessità di una risposta immediata. La Francia è un paese nostro cugino. E’ impensabile chiudere questa crisi dietro la porta”, dice il ministro Di Paola.

“Il Parlamento condivide largamente la necessità e l’urgenza dell’impegno italiano. Certo la crisi avrà tempi lunghi, ma il sostegno della comunità internazionale punta ad evitare che il Mali precipiti in condizioni peggiori di quelle della Somalia e dell’Afghanistan”, rincarava la dose Terzi.

Avevano fatto i conti senza Mario Monti che citando problemi nella maggioranza – e temendo ricadute elettorali, viste le sparate di Grillo contro l’Italia in guerra in Africa – s’è clamorosamente tirato indietro.

Alessandro Farruggia, 4 febbraio 2013

Fonte: Quotidiano Nazionale

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