E se sul mercato editoriale italiano spuntasse un quotidiano nuovo di zecca, di taglio divulgativo ma non una fotocopia dei popolari britannici (la formula, da noi, non ha mai avuto successo)? E se il nome fosse già stato individuato, ovvero Italia? E se il padrone si chiamasse Murdoch? Fanta-editoria? No, solo un progetto ancora top secret che circola tra Londra e New York, con qualche riservatissima e prestigiosa sponda italiana. Si tratta solo di bozze di lavoro informali: nessun documento aziendale formale. Ma se Italia dovesse mai diventare realtà, costituirebbe la prima, vera, grande novità mai vista da anni sul mercato della carta stampata. Perché Italia sarebbe, appunto, il nome della testata già depositata e registrata nel nostro Paese (sotto nomi mai riconducibili al marchio Murdoch). Il progetto è da tempo oggetto di attenzioni da parte di James Murdoch, classe 1972, figlio del magnate Rupert e presidente esecutivo della News Corporation Europe Asia che, nell’universo imprenditoriale di famiglia, regna sull’impero asiatico (Star Tv) ed europeo (Sky Italia, nel nostro Paese e News International in Gran Bretagna ovvero The Times, The Sun e News of the World, che chiuderà dopo lo scandalo delle spiate illegale). Murdoch jr è anche presidente non esecutivo di British Sky Broadcasting.

Il giovane Murdoch da tempo pensa all’Italia come a un mercato editoriale in sviluppo ed ha proposto al padre la seguente analisi. In Italia abbiamo un consistente investimento con Sky Italia. La tv satellitare si è consolidata e continua a mietere successo tra il grande pubblico. Però, rispetto agli altri Paesi in cui siamo presenti, nella Repubblica Italiana manca un pezzo: un quotidiano. Di solito, ha ricordato James Murdoch al padre, sui nostri scacchieri editoriali nazionali possiamo contare sull’accoppiata tv-quotidiani, in Italia no. Fin qui il ragionamento di James Murdoch. Un quotidiano di carta stampata, in un Paese come il nostro in cui l’informazione tradizionale continua ad avere il suo congruo peso anche nei confronti degli interlocutori politici, può avere una notevole importanza anche per offrire voce e spazio a molte questioni legate alla tv. Prima di tutto per assicurare risonanza alle produzioni e ai nuovi impegni del network satellitare. Ma anche per altro. Per esempio nel 2008 il ministero dell’Economia raddoppiò dal 10 al 20%l’Iva sugli abbonamenti Sky. L’amministratore di Sky Italia, Tom Mockridge, parlò di «tassa che colpisce oltre un quinto delle famiglie italiane». In un caso come quello, un quotidiano sarebbe stato un utile, e legalissimo, strumento di lobbing. In più chi è vicino a Murdoch junior sottolinea che l’Italia è a un passo dal trasformarsi in un interessante «teatro politico» con gli imminenti sviluppi del berlusconismo (la sua fine?). Un fatto tutto da raccontare.

E non bisogna dimenticare l’indubbia rivalità che divide ormai Sky Italia dall’altro competitor privato, ovvero Mediaset. Dunque, Berlusconi e le sue tv. Ma Rupert Murdoch non è ancora convinto, anzi. La sua regola aurea, da sempre, è molto semplice: comprare e governare quotidiani ma solo nella lingua che si può controllare, ovvero l’inglese. Niente avventure che non possiamo controllare. Ma le ragioni di James hanno un loro peso, soprattutto nella prospettiva di un dopo-Berlusconi. Il confronto è aperto. La prossima settimana meeting tra padre e figlio. L’impero Murdoch in Italia rappresenta già una notevole realtà imprenditoriale.

Secondo le cifre fornite ieri dall’azienda, dal 2003 ad oggi Sky ha investito in Italia oltre 10 miliardi di euro (di cui oltre 7,7 miliardi in programmi e tecnologia) e ha generato ricchezza nell’economia per oltre 15,9 miliardi di euro pari, nell’ultimo anno, allo 0,21% del Pil. Sky dà lavoro a oltre 7600 persone tra dipendenti e collaboratori, con un indotto di 15 mila lavoratori. Tra i dipendenti la percentuale di uomini e donne è equamente ripartita e l’età media è di 35 anni, con oltre il 50%che ha meno di 35 anni. Su questa base, il giovane Murdoch potrebbe impiantare una novità non indifferente: un quotidiano con caratteristiche italiane, senza cadere nell’errore di copiare i popolari britannici. La diffusione della free press inevitabilmente sconsiglierebbe formule troppo «facili». Sempre secondo le voci raccolte ieri, il quotidiano non avrebbe una città di riferimento ma si rivolgerebbe all’intero Paese. Un vero «quotidiano nazionale». Ecco perché Italia.

Paolo Conti, 9 luglio 2011

Fonte: Corriere della Sera

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here