La sentenza: condannata una donna che aveva insultato il suo ex datore di lavoro sul social network

Insultare qualcuno sulla propria pagina Facebook puo’ essere considerato ”un delitto di diffamazione aggravato dall’aver arrecato l’offesa con un mezzo di pubblicita”’ equiparato ”sotto il profilo sanzionatorio alla diffamazione commessa con il mezzo della stampa”. Lo stabilisce una sentenza del tribunale di Livorno, le cui motivazioni sono state depositate nei giorni scorsi.

Al centro del caso le affermazioni di Rossella Malanima, 27 anni: poco dopo essere stata licenziata dal centro estetico in cui lavorava, la ragazza ha pubblicato sulla sua bacheca Facebook affermazioni offensive contro l’azienda e l’ex datore di lavoro. La ventisettenne aveva usato anche espressioni a sfondo razzista nei confronti dell’uomo, che e’ albanese.

Il giudice ha richiamato l’articolo 595, terzo comma del codice penale, in cui il reato di diffamazione e’ punito piu’ severamente nel caso in cui l’offesa sia recata con il mezzo della stampa cosi’ come attraverso ”qualsiasi altro mezzo di pubblicita”’.

Secondo la sentenza, Facebook ha una ”diffusione incontrollata”. Esprimersi su facebook implica quindi una ”comunicazione con piu’ persone alla luce del cennato carattere pubblico dello spazio virtuale in cui si diffonde la manifestazione del pensiero del partecipante che entra in relazione con un numero potenzialmente indeterminato di partecipanti e quindi la conoscenza da parte di piu’ persone e la possibile sua incontrollata diffusione”. La giovane livornese e’ stata condannata a pagare una multa di 1.000 euro.

Fonte: La Nazione Livorno,13 gennaio 2013

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